Ag+ con p-dimetilamminobenzilidenrodanina

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Mario

2013-08-28 20:41

Buonasera,

quando, sfogliando il Tuccari Parigi, si giungeva alle pagine che parlavano del I gruppo analitico, il primo reagente organico descritto (quello che poi non si sarebbe più scordato) era proprio la p-dimetilamminobenziliden-rodanina, che d'ora in poi abbrevieremo in PDAMBR.

Nessuno l'aveva mai visto in azione e, con quel nome così lungo e allora quasi impronunciabile, mai si sarebbe pensato un giorno di poterlo finalmente maneggiare tra i banconi di un laboratorio.

Poi una mattina, magari mentre ci si arrovella sul come risolvere un problema commissionato dalla Nasa, ritorna in mente una pagina di un vecchio libro di analitica e con esso la soluzione.

Ma di questo parleremo più avanti.

La rodanina è una sostanza organica che possiede una certa acidità dovuta all'idrogeno legato al gruppo imminico. Questo idrogeno può venir sostituito da alcuni cationi metallici, specie monovalenti, formando precipitati solitamente biancastri insolubili in soluzione acquose moderatamente acide. Se si introduce nella molecola di rodanina un gruppo cromoforo sfruttando la reattività del gruppo =CH2, allora si ha la possibilità di disporre di un reattivo organico in grado di produrre precipitati colorati e altamente insolubili grazie alla loro struttura polimerica del seguente tipo

Per eseguire questo test analitico occorrono:

- soluzione acetonica satura a temperatura ambiente di p-dimetilamminobenzilidenrodanina. La soluzione, di colore arancione,

http://uptiki.altervista.org/viewer.php?file=nxikmuhxt7iam37y3078.jpg

è stabile per 30 gg se conservata al fresco in flacone di vetro ambrato.

- acetone per analisi

- tampone acido acetico-sodio acetato 1M a pH 4,5

- acido nitrico 68% per analisi

- soluzione di prova contenente 11 ppm di Ag+ (acidificata con HNO3 fino a pH 1 e conservata in bottiglia di PP). Al momento dell'uso aggiungere ad un certo volume di questa soluzione alcune gocce di tampone acetico fino a portare il pH a circa 4-4,5.

Come vetreria è necessario disporre di una micropipetta con capillare da circa 1 mm di diametro per dosare volumi di liquido intorno ai 10 mm^3, di una lampada UV, carta da filtro diam. 60 mm per quantitativa per filtrazione lente e un kit per la filtrazione sotto vuoto dotato di un setto poroso filtrante in vetro diam. intorno ai 50 mm.

Esecuzione del test

Incominciamo con il classico spot test su carta da filtro.

Si pone 1 goccia del reattivo al centro della carta da filtro e si lascia evaporare, cosa che avviene in pochi secondi. La macchia colorata del reagente, a seguito dell'evaporazione dell'acetone, cambierà colore da giallo ad arancio. Con la pipetta capillare appoggiata al centro della macchia, si fa assorbire 8 mm^3 di soluzione di prova con 11 ppm di Ag+.

Si evapora la zona umida con l'ausilio di un getto di aria tiepida, poi si lava la macchia con acetone fino alla rimozione del reagente in eccesso. Rimane al centro una zona circolare rossastra. Sotto luce UV questa appare di colore scuro con notevole incremento della sensibilità.

http://uptiki.altervista.org/viewer.php?file=62bnnvll6b3ej49olhh.jpg

Si tratta di una reazione estremamente sensibile. Con le quantità di argento usate siamo quasi al limite di rilevazione. Possiamo perciò affermare che in queste condizioni si possono ancora facilmente identificare 0,05 µg di Ag. Niente male davvero.

Passiamo ora ad un'altro tipo di analisi. In questo caso la reazione avviene in soluzione acquosa e il precipitato che si forma viene subito filtrato su un disco di carta filtrante.

In un beker da 50 mL si introducono 20 mL di campione di acqua da analizzare e lo si porta a pH intorno a 4,5 con il tampone acetico. Si dosano 8 gocce di reattivo e, dopo veloce miscelazione, si filtra il tutto attraverso la carta da filtro. Il precipitato ha forte tendenza ad aderire alle pareti del beker e non è facile trasferirlo tutto sul filtro.

Si lava con acetone fino a scomparsa del colore giallo del reattivo e poi ancora con acqua. Rimane sul filtro il complesso Ag-DAMBR di colore rossastro.

http://uptiki.altervista.org/viewer.php?file=ydnsreu26rxbyj9ovicp.jpg

Si può stimare con una certa approssimazione il contenuto di Ag+ nel campione esaminando la quantità di precipitato presente sul filtro.

Concentrazione di Ag+ pari a 0,05 ppm possono agevolmente essere riconosciute.

Naturalmente è sempre possibile eseguire il test in suluzione acquosa, ma in questo caso la reazione è meno sensibile in quanto il colore arancio proprio del reattivo maschera alquanto la colorazione del precipitato, sopratutto se la quantità di argento è minima. Nella foto seguente possiamo notare la forte tendenza del precipitato di aderire al vetro e formare sottili pellicole in superficie

http://uptiki.altervista.org/viewer.php?file=dz9389vp98ns00i4kcw.jpg

Interferenze:

Sebbene il metodo sia abbastanza specifico per l'argento, sono numerose le interferenze, tra le quali vanno annoverati il Cu+. Hg+ e alcuni metalli nobili come Au, Pt e Pd. Poi vi sono numerosi anioni che disturbano, tra i quali spicca lo ione cloruro

L'eliminazione delle interferenze è piuttosto complessa e di solito si preferisce dapprima precipitare tutto l'argento come cloruro, sciogliere poi il precipitato con ammoniaca acquosa ed infine eseguire il test sulla soluzione portata a pH leggermente acido. La presenza di rame monovalente può essere eliminata trattando il residuo secco ripetutamente con acido nitrico. In questo modo si elimina pure l'interferenza dei cloruri, bromuri e ioduri.

Qualcuno, a questo punto, potrebbe pensare che analisi chimiche di questo tipo siano lontani e nostalgici echi di un tempo passato, quando ancora l'analisi strumentale non la faceva da padrona.

Non è del tutto vero, almeno in questo caso.

Nell'agosto del 2009, un kit appositamente studiato e molto simile a quello qui presentato, chiamato "Colorimetric Water Quality Monitoring", fu inviato alla ISS (International Space Station) con l'obbiettivo di monitorare la quantità di argento presente come agente sterilizzante nell'acqua destinata al consumo umano. Lì, in quell'ambiente così tecnologico, serviva un sistema di analisi che fosse piccolo, leggero, affidabile, veloce, a basso impatto ambientale, facile da usare, non tossico e funzionante in assenza di gravità.

L'umile metodica ebbe così modo di prendersi la sua rivincita e ancora oggi è grande la soddisfazione di colui che ne permise la realizzazione.

saluti

Mario

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Dott.MorenoZolghetti

2013-08-29 05:27

Poveretti, alla NASA non sapevano tre cosette:

1) L'argento non sterilizza, ma possiede sui batteri, uno spiccato effetto oligodinamico (inferiore solo a quello del cadmio) e come tale è batteriostatico e non battericida. Sui miceti ha effetti inibenti la crescita. Sui virus...ciccia.

2) Lo ione argento ha un minor effetto batteriostatico rispetto al metallo.

3) L'argento, salvo l'effetto caustico dei suoi sali solubili solidi, allo stato attuale delle nostre conoscenze, non manifesta tossicità per gli organismi superiori, se non a concentrazioni tali che renderebbero comunque imbevibile l'acqua trattata. Per intenderci, la DLm per un uomo adulto del peso di 70 Kg è di 2 g di AgNO3, via orale, monodose. Vi posso garantire che il sapore "metallico" del prodotto, rende inutile qualsiasi controllo: nessuno lo assumerebbe.

Non è chiaro se ci sia un danno da bioaccumulo, visto che la maggior parte del metallo è eliminata con le feci sottoforma di cloruro. Inoltre la quantità di Ag ceduta nei processi di potabilizzazione, solitamente effettuati per passaggio dell'acqua tra due elettrodi di Ag sagomati a piastra, sottoposti a d.d.p. variabile (dipendente dalla conducibilità dell'acqua), è davvero minima, di pochi microgrammi per litro.

Ergo, hanno chiesto informazioni alla persona sbagliata. ;-)

I seguenti utenti ringraziano Dott.MorenoZolghetti per questo messaggio: Rusty

Mario

2013-08-29 19:03

Uno degli aspetti più critici nella fornitura di acqua potabile in una stazione spaziale orbitante e quello di mantenere sotto controllo la proliferazione batterica e contemporaneamente garantire una adeguata sterilità.

Tra le molte soluzioni escogitate nel tempo, quella che ha dato i migliori risultati è un mix di Ag ionico/colloidale e iodio.

In linea di massima per l'Ag siamo a concentrazioni nel range 0,1-1 ppm e per lo iodio valori 10 volte superiori.

saluti

Mario

Dott.MorenoZolghetti

2013-08-29 19:23

Sì, in quel senso (inibizione della proliferazione batterica) direi che è un metodo perfetto.

Molto meglio l'argento colloidale, rispetto a quello ionico. C'è un difetto di fondo, noto già agli antichi romani: le superfici del metallo devono restare lucide per essere attive. E' noto che venivano introdotte sfere di argento nelle otri contenenti acqua (piovana, transitata sui tetti e confluita nell'impluvium delle domus romane) allo scopo di conservarne le caratteristiche di potabilità. Le sfere perdevano d'effetto se non erano periodicamente lucidate. Dunque erano avanti parecchio sti romani per conservare l'acqua, molto arretrati nel conservare il vino, là dove impiegavano recipienti in piombo, ma questa è un'altra storia.


L'elettrocatadinizzazione sfrutta appunto l'azione oligodinamica di alcuni metalli (specie dell'argento) e una corrente continua a bassa tensione tra due piastre metalliche. Dall'anodo si allontanano ioni Ag+ che dovrebbero favorire la sanificazione dell'acqua tra le piastre. Il problema più grosso è il tempo di contatto: se troppo breve, vanifica i risultati del processo.

MaXiMo

2013-08-29 20:13

Scusi DOC perchè le soluzioni di Argento citrato sono considerate, commercializzate e per esperienza personale, si sono rivelate effettivamente molto attive sullo Pseudomonas A. con una log di riduzione batterica di circa 8, (quindi battericide) mentre le soluzioni di Argento nitrato (anche molto + concentrate) e Acido citrico, separatamente non hanno questa proprietà ?

La capacità battericida di Ag+ nel caso Pseudomonas è una singolarità ?

Dott.MorenoZolghetti

2013-08-29 20:35

Con i dati forniti non saprei affermare che sia effettivamente "battericida". Quello che è certo è l'assenza di singolarità fra i vari batteri. Probabilmente lo ione citrato facilita l'assorbimento nella cellula. Come saprai lo Pseudomonas aeruginosa è un utilizzatore del citrato (non fermentante) per il suo metabolismo basale. Inoltre utilizza il nitrato. Se nel terreno vi è presente altra fonte di carbonio allora, a parità di concentrazioni di Ag, è favorita quella coltura che ha anche il nitrato.

Sarebbe interessante vedere se la stessa cosa avviene anche per lo P. cepacia o lo P. fluorescens e ancora con lo P. mallei.

I seguenti utenti ringraziano Dott.MorenoZolghetti per questo messaggio: MaXiMo

MaXiMo

2013-08-31 18:19

Dott.MorenoZolghetti ha scritto:

Con i dati forniti non saprei affermare che sia effettivamente "battericida". Quello che è certo è l'assenza di singolarità fra i vari batteri. Probabilmente lo ione citrato facilita l'assorbimento nella cellula. Come saprai lo Pseudomonas aeruginosa è un utilizzatore del citrato (non fermentante) per il suo metabolismo basale. Inoltre utilizza il nitrato. Se nel terreno vi è presente altra fonte di carbonio allora, a parità di concentrazioni di Ag, è favorita quella coltura che ha anche il nitrato.

Sarebbe interessante vedere se la stessa cosa avviene anche per lo P. cepacia o lo P. fluorescens e ancora con lo P. mallei.

Alcuni dati possono essere consultati in fondo alla bibliografia allegata al mio thread sull'Argento citrato e navigando su internet.

Non ho risultati su altri ceppi di Pseudomonas oltre l'Aeruginosa, ma la tua spiegazione in termini citochimici è esauriente.

Diciamo che più che di singolarità si tratta di specificità di azione battericida*. *=cosi viene descritto e commercializzato l'argento citrato in soluzione pronta.