II-Cenni di biologia generale

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ClaudioG.

2017-03-18 20:28

II-Cenni di biologia generale

Come accennato in introduzione, occorre fornire una minima base su cui costruire il resto. Per evitare grossi buchi conoscitivi bisogna introdurre delle nozioni molto varie ma veramente fondamentali, che verranno richiamate più volte nel seguito. Cerco di selezionare cose la cui conoscenza non può darsi sempre per scontata: anche se si tratta di programma di scuole superiori non è detto che a distanza di anni si ricordino. Quando avrò tempo completerò i paragrafi mancanti   si si


Sommario

1. Cos'è la vita

2. Eucarioti e procarioti

3. Qualcosa sugli eucarioti

4. Panoramica sulla cellula


1.  Cos’è la vita

Bella domanda. Sempre alle elementari si insegna che ogni essere vivente nasce, cresce, si riproduce e muore. Gli scolari più diligenti completavano la cantilena affermando che il vivente si nutre e interagisce con altri viventi, e qualche altra cosa che non ricordo. Tutto vero, è chiaro, ma anche in questo caso la semplicità della definizione cela l’enorme difficoltà che gli scienziati hanno avuto da sempre nel definire quello strano fenomeno che è la vita. 

Secondo Edoardo Boncinelli, che è probabilmente il maggior genetista che abbiamo in Italia, essere vivo vuol dire essere una porzione di materia, finita nel tempo e nello spazio, in grado di gestire in modo ordinato e continuato flussi di informazione, materia ed energia. Vuol dire mantenere, a costo di un elevato dispendio di energia, un alto ordine interno: ciò che a prima vista sembra caotico e disorganizzato, in realtà è esattamente l’opposto. L’eccellenza logistica si ha nel corpo e nella cellula. Il bìos è ordine, organizzazione, autogestione. Sul piano termodinamico, il sistema vivente è in grado di sostenere un flusso di energia tale da diminuire la sua entropia interna, diminuzione compensata da un aumento di entropia dell’ambiente; un po’ come fanno i frigoriferi, che scaldano l’ambiente per raffreddare se stessi. L’ordine non è solo il risultato di questo flusso d’energia, ne è anche il mezzo: tutti gli scambi energetici del corpo sono ordinati, controllati e, soprattutto, accoppiati. Come vedremo nelle sezioni sulla biochimica, tutte le reazioni metaboliche sono, oltre che catalizzate da enzimi, accoppiate ad altri processi. Il motivo è da ricercarsi nella necessità di un controllo fine e capillare di ogni evento metabolico e di mantenere “in circolo” l’energia scambiata, evitandone la dispersione in calore, tranne ovviamente nei casi in cui questa è utile. 

Più in generale, la caratteristica per eccellenza del vivente è la capacità di omeostasi, cioè di autoregolarsi e di rispondere adeguatamente alle variazioni ambientali in modo da mantenere invariate le condizioni fisico-chimiche interne, come concentrazioni relative, pressioni osmotiche, temperatura, etc. Perché questa stabilità permanga è ovvio che occorre esercitare un controllo serrato e diffuso su tutto quello che avviene dentro l’organismo e, in ultima analisi, dentro la cellula. Vedremo che questo controllo agisce su più livelli: esistono dei grandi “macromeccanismi” ad alta priorità, ad alto livello gerarchico, che operano regolando altri sistemi di regolazione a minore livello gerarchico, innescando quindi le più varie cascate di reazioni, volte a normalizzare, alla fine dei giochi, le condizioni più disparate. Detta così è veramente molto generica, ma ci saranno numerosi esempi specifici più avanti. 

Qual è, però, quella cosa da cui parte tutto? La biologia è una scienza a sé, ok, ma sta alla chimica come la chimica sta alla fisica: tutto in un vivente è chimica. Se tutto in noi è chimica, si può individuare una sostanza in grado di coordinare il traffico di informazioni, materia, energia che riempie gli spazi di ogni cellula? La risposta è scontata: il DNA è la macromolecola informazionale che possiede racchiuso il progetto dell’intero individuo. Fatta eccezione per i fattori ambientali, quel meraviglioso filamento elicoidale è l’unica entità in grado di gestire tutto quello di cui siamo fatti. Il flusso di informazioni ha un punto di partenza, ed è il DNA. Da esso si irradiano le istruzioni di progetto, gli schemi strutturali, le disposizioni funzionali. Non a caso è gelosamente custodito nel nucleo. Vedremo che alcune sue modificazioni severe, molteplici e mirate, fanno impazzire la cellula che le ha sviluppate, provocando, fra le altre cose, la resistenza ai meccanismi di controllo e neutralizzazione, resistenza che impedisce a tali sistemi di indirizzare la cellula "bacata" alla morte. La conseguenza di questo fallimento nella sedazione di un comportamento cellulare deviante è triste e grave, ed è il cancro.

Torniamo alla definizione delle elementari: il vivente cresce, interagisce, si riproduce, muore. Lo fa l’organismo e lo fa la singola cellula. Vedremo svolgersi, in piccolo e in una palletta delicatissima di qualche centesimo di millimetro, tutto quello che facciamo nella vita, dalla nascita alla morte, e lo vedremo svolgersi non come il risultato di decisioni prese da pensieri, ragionamenti e astrazioni, ma come l’effetto combinato e complesso degli infiniti processi chimici che vi avvengono, primi fra tutti i processi nucleari. Noi possiamo amare, odiare, ridere ed essere felici, piangere o addirittura arrivare al punto di essere gioiosi della propria tristezza; possiamo compiere straordinari viaggi mentali, essere bruciati dalla passione e abbattuti dalle delusioni; secondo alcuni la vita è questa, e un batterio o un lievito non possono dirsi vivi. No, non è così: abbiamo già detto cos’è che rende un vivente tale, e questi lo sono a tutti gli effetti. Vedremo che interagiscono, che si nutrono, che invecchiano e muoiono. Potremo vedere, in queste sferette di gel, degli atteggiamenti solidali e sociali che, anzi, contrastano con l’individualismo umano e dovrebbero darci lezioni esemplari. Se per noi uomini è sufficiente il viso della donna che amiamo per mandarci in tilt, alla cellula basta un reticolo endoplasmatico sovraccarico. Non scambierei le due posizioni per nulla al mondo, è chiaro, ma sarei un bugiardo se dicessi che l’austerità professionale, umile ma determinata, con cui la cellula conduce il proprio lavoro, non scateni in me un continuo moto di stupore.

2.  Eucarioti e procarioti

Con non poche difficoltà, gli scienziati sono arrivati a poter dire che sulla Terra coabitano più di 8 milioni di specie viventi, e l’incertezza non è affatto scarsa: il valore può oscillare con variazioni di più di un milione di unità. Questi numeri comprendono le specie conosciute, descritte, classificate e quelle che si sa che esistono ma che non sono state ancora studiate. Ve ne sono molte altre da scoprire ma tutte, invariabilmente, sono o singole cellule o gruppi di cellule. Si può fare quindi una prima distinzione, indipendente dalle catalogazioni ufficiali:

  • organismi unicellulari: sono costituiti da una sola cellula. I loro limiti spaziali coincidono con i limiti dei loro rivestimenti cellulari e di eventuali strutture accessorie.

  • organismi pluricellulari: sono associazioni organizzate e intelligenti di cellule, in numero variabilissimo. È importante notare che le cellule nei pluricellulari non sono identiche fra loro: pur possedendo il medesimo genoma, sono differenziate. Vedremo, più avanti, i meccanismi generali alla base di queste specializzazioni, che risultano tanto più avanzate quanto più l’organismo è complesso. Ovviamente nello studio dei pluricellulari bisogna considerare anche gli articolati sistemi di comunicazione che consentono alle cellule dello stesso organismo di coordinarsi e di agire in sincronia, senza conflitti né mancanze. Inutile dire che questi organismi sono dei capolavori, delle meraviglie di ingegneria naturale, e ancora più superfluo è dire che l’uomo ne è la punta di diamante, l’incanto degli incanti. Studiarlo è un onore, perché non possiamo trovare altri esempi di progetti biologici meglio riusciti in termini di armonia, complessità, bellezza, efficienza, intelligenza.

Fatta questa prima distinzione collaterale, bisogna vedere velocemente in che modo i biologi classificano gli esseri viventi in modo sistematico. La scienza che studia i criteri e le modalità di classificazione è la tassonomia. Il principio di base della tassonomia è quello di identificare un certo essere vivente come appartenente ad una certa specie, ed essa deve essere univocamente definita con criteri convenzionali. Poiché ogni specie proviene da un percorso evolutivo ben preciso, si può delineare, con pazienza infinita e infiniti studi filogenetici, la morfologia di tale percorso: si ha sempre una sorta di albero, un diagramma fittamente ramificato, nel quale sono evidenti le deviazioni evolutive che hanno intrapreso gli organismi e i loro “punti di arrivo”, cioè le estremità dei rametti terminali, che indicano la posizione relativa della specie che stiamo considerando. Scelto un organismo, dobbiamo essere in grado di chiamarlo con un nome specifico, univoco e anche, va detto, bellissimo. Il modo di farlo lo tirò fuori Linneo nel 1700, ed è rimasto, per fortuna, immutato negli anni. Si tratta della nomenclatura binomiale, un po’ la IUPAC de’ noantri: dire “un Caenorhabditis elegans” invece di “un nematode” equivale a sostituire “passami l’etere” con “passami l’etossietano”, solo che la nostra nomenclatura è, in proporzione, molto più elegante di quella dei chimici. Questa eleganza deriva dall’uso esclusivo del latino e del greco (anche se un po' deformati e adattati ai gusti dello scopritore della specie) per dare i nomi, e dal corsivo con cui vanno obbligatoriamente scritti. Nella binomiale, il primo nome indica il genere  (e va sempre scritto con iniziale maiuscola e in corsivo), mentre il secondo indica la specie a cui appartiene l’organismo (anche questo in corsivo ma l’iniziale va minuscola). Molto spesso il nome del genere può trovarsi scritto abbreviato alla prima lettera (C. elegans, E. coli, H. sapiens), e addirittura, ma in modo erroneo e solo per via colloquiale, capita di ometterlo ("sono morti gli elegans ", "qui è pieno di coli ";-). Genere e specie sono gli ultimi due livelli del sistema gerarchico, universalmente utilizzato, nel quale vengono inquadrati gli esseri viventi. Questo schema, che va dal generale al particolare, è il seguente:

  •     Dominio (ne esistono solo due: Procariota e Eucariota)

  •     Regno (ex. Bacteria; Animalia)

  •     Phylum (ex. Proteobacteria; Chordata)

  •     Classe (ex. Proteobacteria Gamma; Mammalia)

  •     Ordine (ex. Enterobacteriales; Primates)

  •     Famiglia  (ex. Enterobacteriaceae; Hominidae

  •     Genere (ex. Escherichia; Homo)

  •     Specie (ex. coli; sapiens)

Come detto, la nomenclatura binomiale è sufficiente per individuare univocamente una specie: non occorre ovviamente scrivere tutti i livelli superiori a cui essa appartiene.

I domini, cioè i raggruppamenti più ampi e comprensivi, sono due: dominio Eucariota e dominio Procariota. I procarioti sono essenzialmente i batteri (e gli archei, ma quelli non se li fila mai nessuno e non è il caso di farlo qui): sono quindi tutti unicellulari, e hanno delle caratteristiche molto particolari che li rendono radicalmente diversi dagli eucarioti. La tabella riassume le più palesi differenze fra cellula procariotica (=batterio) e cellula eucariotica (=tutti gli altri viventi):

Cellula procariotica-page-001.jpg
Cellula procariotica-page-001.jpg

 

Nonostante sembrino banali e insignificanti, si può affermare con certezza che senza i procarioti non ci sarebbero gli eucarioti, e ciò per infinite ragioni. Fra tutte, troneggia ad esempio il fatto che a riempire di ossigeno l’atmosfera irrespirabile dei primordi della Terra sono stati proprio loro, dei particolari batteri fotosintetici (cianobatteri). I batteri hanno poi una vastissima gamma di metabolismi possibili, spesso insoliti e utili all’uomo per le più svariate applicazioni biotecnologiche. Le loro infinite risorse sono dovute essenzialmente alla semplicità del loro genoma e dei loro meccanismi di controllo, unita al rapidissimo tempo di generazione, cioè alla velocità con cui avvengono due duplicazioni successive: un E. coli, ad esempio, si riproduce ogni 20 minuti. Partendo da un batterio, venti minuti dopo se ne hanno due, dopo altri venti 4, poi 8, poi 16, poi 32, poi 64, e via dicendo. In tempi brevi (qualche ora) si raggiungono milioni e milioni di individui, se le condizioni ambientali sono ottimali (abbondanti nutrienti, supporto adatto, spazio sufficiente, pH ottimale, etc). Ora, si consideri che per ogni duplicazione cellulare (in cui anche il DNA viene duplicato) c’è un certo tasso di errore e di mutazione casuale. È facile capire che per popolazioni batteriche molto numerose ci saranno un certo numero di mutanti. Mutazioni che comportano la perdita di funzioni vitali saranno fatali al batterio, mentre altre non risultano dannose: sono queste a permettere la grande varietà metabolica di questi organismi, che sopravvivono e, anzi, possono trovarsi avvantaggiati in caso di cambiamenti nelle condizioni ambientali. È questa, in fondo, la base dell’evoluzione per selezione naturale, valida per ogni vivente ma particolarmente evidente nei batteri grazie al loro bassissimo tempo di generazione e alla semplicità della regolazione dell’espressione genica (vedremo tutto questo più nel dettaglio in seguito).

Detto ciò, è bene specificare in questa sede ciò che molti fraintendono: batterio≠malattia. È vero che praticamente ogni batterio può causare problemi se gli si consente di riprodursi in modo incontrollato a spese di un organismo ospite e di produrre, magari, mutanti resistenti e pericolosi, ma solo una piccolissima percentuale di batteri sono realmente patogeni per l’uomo. Noi viviamo immersi in dispersioni di batteri in atmosfera, e in noi stessi risiedono popolazioni batteriche in numero molto maggiore alle nostre cellule. Senza questi batteri, che digeriscono per noi, producono enzimi per noi e addirittura ci difendono da molti fattori di rischio esogeni, saremmo finiti. Ogni volta che prendiamo il flaconcino di Enterogermina® per disturbi intestinali, ad esempio, ingeriamo due miliardi di spore batteriche, che vanno a ripopolare un tubo digerente nel quale la flora batterica si trova in difetto numerico rispetto la norma per vari motivi (vedi diarrea).

La batteriologia è meravigliosa e stimolante, ma non è il caso di trattarla qui, per cui è bene passare ad introdurre quella che sarà l’oggetto dei capitoli successivi, la cellula eucariotica.

  

[Prossimamente :-D]

3. Qualcosa sugli eucarioti

4.  Panoramica sulla cellula

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