Determinazione punto di fusione composti ed elementi inorganici.

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luigi_67

2017-01-27 08:48

Buongiorno a tutti,

questa volta sono io a porre una domanda su una questione sulla quale riflettevo parlando con degli amici in merito.

Si discuteva infatti sulle proprietà di un composto in particolare, il boro carburo, del quale, tra le varie proprietà fisiche, notavamo la sua temperatura di fusione che in letteratura è riportata essere di 2350 °C e di ebollizione, superiore ai 3500 °C.

Ora la domanda che ci veniva e che pongo al forum è questa: come vengono determitate queste temperature?

Si rifletteva sulla difficoltà pratica di effettuare un test diretto, analogo a quello effettuato normalmente in laboratorio per i composti che fondono a temperature facilmente raggiungibili e misurabili, ma come gestire 3500 °C? quale crogiolo ad esempio riesce a mantenersi solido a queste temperature? :-)

Immagino quindi che ci sia un altro metodo indiretto che però mi sfugge: se qualcuno ha la risposta a questa mia curiosità. è il benvenuto *Hail*

Un saluto,

Luigi

Axeldt95

2017-01-27 11:44

Per la determinazione delle temperature di fusione dei composti altofondenti vengono utilizzate delle fornaci di grafite riscaldate elettricamente costruite in modo che possano essere considerate come dei corpi neri. La radiazione termica emessa dalla fornace viene misurata per mezzo di un pirometro e trasformata in temperatura utilizzando la legge di Stefan-Boltzmann.

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luigi_67

2017-01-27 18:37

Grazie mille per la risposta.

Avevo fatto delle supposizioni più o meno fantasiose e avevo anche immaginato una cosa del genere... bene, non si finisce mai di imparare.

Un saluto, grazie di nuovo!

Luigi

Mario

2017-01-27 19:17

Mi vengono in mente alcune domande.

1) La grafite, a partire da circa 1000 °C, in atmosfera contenente ossigeno inizia a bruciare. Se il crogiolo viene confinato in atmosfera inerte allora la cosa si risolve. Come fa però il pirometro a leggere attraverso il contenitore dell'atmosfera inerte senza incorrere in letture falsate?

2) la grafite fonde intorno ai 3500 °C. Ma per il BN che bolle sopra i 3500 come si fa?

3) E nei casi dove la grafite reagisce con il composto da testare?

4) come si "vede" che un composto fonde o bolle?

saluti

Mario

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Axeldt95

2017-01-28 20:51

La radiazione termica emessa dal corpo viene filtrata affinché solamente un piccolo intervallo di lunghezze d'onda raggiunga il rivelatore del pirometro. È quindi possibile selezionare opportunamente la lunghezza d'onda centrale in modo che i gas presenti all'interno della camera o il materiale di cui è costituita la finestra dietro la quale viene posto il pirometro non causino interferenze.

Se la grafite non è compatibile con il campione, è possibile utilizzare il tungsteno o il molibdeno ma suppongo sia possibile utilizzare anche materiali ceramici.

La determinazione della temperatura di fusione, per quanto ne so, avviene per tentativi: si riscalda il campione fino a una temperatura nota, lo si raffredda e si osserva se c'è una variazione del suo aspetto che possa indicare che si è fuso e poi nuovamente solidificato. Si ripetono queste operazioni modificando la temperatura.

Quanto alle temperature di ebollizione, non credo vengano determinate con questo metodo in quanto sarebbe estremamente difficoltoso raggiungere delle temperature ancora più elevate.

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Mario

2017-01-29 14:14

La radiazione termica emessa dal corpo viene filtrata affinché solamente un piccolo intervallo di lunghezze d'onda raggiunga il rivelatore del pirometro. È quindi possibile selezionare opportunamente la lunghezza d'onda centrale in modo che i gas presenti all'interno della camera o il materiale di cui è costituita la finestra dietro la quale viene posto il pirometro non causino interferenze.

Nei pirometri moderni la radiazione viene già selezionata in un intervallo ristretto. Il resto non spiega un bel niente. La radiazione che gunge al pirometro è un misto tra quella del composto in fusione e i gas caldissimi, ma a temperatura diversa, che lo circondano. DIscriminare le due cosa mi pare complcato.

Se la grafite non è compatibile con il campione, è possibile utilizzare il tungsteno o il molibdeno ma suppongo sia possibile utilizzare anche materiali ceramici.

Faccio presente che quei due metalli fondono, specie il Mo, a temperature ben al di sotto dei 3500 °C. Prima di scrivere certe cose controlla i dati ?

La determinazione della temperatura di fusione, per quanto ne so, avviene per tentativi: si riscalda il campione fino a una temperatura nota, lo si raffredda e si osserva se c'è una variazione del suo aspetto che possa indicare che si è fuso e poi nuovamente solidificato. Si ripetono queste operazioni modificando la temperatura.

Questo ha un senso. Tuttavia immagino le centinaia di tentativi che dovrebbero essere fatti allo scopo. Per esempio guardiamo il W. Il suo punto di fusione è dato con la precisione del °C. Come già detto ci vorrebbero numerosi tentativi e tempo a iosa per arrivarci con quella precisione. Mi sembra un metodo poco praticabile.

Quanto alle temperature di ebollizione, non credo vengano determinate con questo metodo in quanto sarebbe estremamente difficoltoso raggiungere delle temperature ancora più elevate.

Quindi quale metodo viene adottato?

saluti

Mario

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Axeldt95

2017-01-30 21:42

Mario ha scritto:

La radiazione termica emessa dal corpo viene filtrata affinché solamente un piccolo intervallo di lunghezze d'onda raggiunga il rivelatore del pirometro. È quindi possibile selezionare opportunamente la lunghezza d'onda centrale in modo che i gas presenti all'interno della camera o il materiale di cui è costituita la finestra dietro la quale viene posto il pirometro non causino interferenze.

Nei pirometri moderni la radiazione viene già selezionata in un intervallo ristretto. Il resto non spiega un bel niente. La radiazione che gunge al pirometro è un misto tra quella del composto in fusione e i gas caldissimi, ma a temperatura diversa, che lo circondano. DIscriminare le due cosa mi pare complcato.

Separare i due contributi della radiazione termica in base all'origine non credo sia proprio possibile ma si può cercare di costruire la fornace in modo che il profilo termico rimanga pressoché costante e quindi non vi sia differenza di temperatura tra il corpo e i gas.

Mario ha scritto:

Se la grafite non è compatibile con il campione, è possibile utilizzare il tungsteno o il molibdeno ma suppongo sia possibile utilizzare anche materiali ceramici.

Faccio presente che quei due metalli fondono, specie il Mo, a temperature ben al di sotto dei 3500 °C. Prima di scrivere certe cose controlla i dati ?

Lei nella domanda 3) chiedeva quali alternative esistessero alla grafite nel caso in cui vi fosse un’incompatibilità chimica (e non la necessità di raggiungere temperature superiori), quindi io ho semplicemente indicato altri materiali che sarebbe possibile utilizzare.

Diverso è il caso della domanda 2) in cui chiedeva come si potesse determinare la temperatura di ebollizione del nitruro di boro in quanto superiore a quella di fusione della grafite. A quella domanda è vero che non ho risposto esplicitamente ma ho espresso il mio dubbio sulla possibilità di utilizzare la tecnica di cui stiamo discutendo per temperature più elevate e quindi nulla quaestio per quanto riguarda l'esistenza di materiali con temperature di fusione superiori a 3500 °C da utilizzare in questi casi.

Mario ha scritto:

La determinazione della temperatura di fusione, per quanto ne so, avviene per tentativi: si riscalda il campione fino a una temperatura nota, lo si raffredda e si osserva se c'è una variazione del suo aspetto che possa indicare che si è fuso e poi nuovamente solidificato. Si ripetono queste operazioni modificando la temperatura.

Questo ha un senso. Tuttavia immagino le centinaia di tentativi che dovrebbero essere fatti allo scopo. Per esempio guardiamo il W. Il suo punto di fusione è dato con la precisione del °C. Come già detto ci vorrebbero numerosi tentativi e tempo a iosa per arrivarci con quella precisione. Mi sembra un metodo poco praticabile.

L’articolo [1] riporta l’utilizzo del metodo “iterativo” per determinare la temperatura di fusione dell’allumina. Nel caso peggiore, non sono state eseguite più di una decina di misure. Nell’articolo [2] è descritto un metodo più veloce, applicato sempre per l’allumina, che prevede il graduale aumento della temperatura all’interno della fornace e l’osservazione diretta del campione per determinare il punto di fusione.

[1] S. J. Schneider e C. L. McDaniel, Effect of Environment Upon the Melting Point of Al2O3, Journal of Research of the National Bureau of Standards, 1967, 71A (4), 317-333 (link).

[2] R. F. Geller e P. J. Yavorsky, Melting Point of alpha-Alumina, Journal of Research of the National Bureau of Standards, 1945, 34 (4), 395-401 (http://nvlpubs.nist.gov/nistpubs/jres/34/jresv34n4p395_A1b.pdflink).

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luigi_67

2017-01-31 08:42

Solo due righe per ringraziare direttamente, oltre al tasto, sia Axeldt95, sia Mario per i preziosi contributi che stanno dando entrambi alla discussione.

Vi leggo con interesse, un saluto

Luigi