Film: Dogville

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Max Fritz

2011-08-13 15:52

Il titolo dice proprio nulla... sembra una sciocchezza di film, a giudicare da quello. Ma confido che chi leggerà non sia così superficiale da accontentarsi di un titolo ;-)

Il film, del regista danese Lars von Trier, è uscito nel 2003.

E' abbastanza lungo, dura circa 3 ore. Ciò che colpisce prima di ogni altra cosa è la sua ambientazione: un paese microscopico (Dogville appunto), costituito di case invisibili disegnate su un piano surreale circondato dalla luce o dal buio. Ci sono frequenti riferimenti al resto del mondo e la scena a volte, seguendo i personaggi, esce per così dire dal paese: ma la telecamera non filma mai nient'altro che quella scenografia. Questa impalpabilità di molti degli oggetti di cui si parla nel film non è mai affrontata in maniera diretta, ma considerata fino all'ultima scena con significato metaforico: tutto si svolge come se ciò che è invisibile esistesse.

La trama parla essenzialmente di una ragazza, Grace, che fugge da una banda di gangster e va a rifugiarsi a Dogville. La storia si sviluppa da lì, divisa in 9 capitoli anticipati da un prologo che chiarisce le posizioni di ogni personaggio nel paese. Tra questi, un certo Thomas Edison cerca di aprire gli orizzonti alla ristretta comunità di quindici persone, considerandosi il filosofo: è chiara l'allusione all'inventore della lampadina come colui che portò "la luce", ma per il Thomas del film quella di portare la luce rimane solo una pretesa.

Sarà lui a sfruttare l'occasione di Grace per attuare il suo esperimento sociologico con la comunità. Vuole dimostrare a se stesso e agli altri che un'estranea riuscirà ad integrarsi. Tuttavia sottovaluta alcuni importanti elementi: in primis la bellezza della ragazza, che non sarà oggetto solo delle sue attenzioni, in secondo luogo il fatto che lui stesso è un cittadino di Dogville e che, pur nel suo essere filosofo, non vede le cose poi tanto diversamente dagli altri abitanti del paese.

Con il susseguirsi dei capitoli la situazione si capovolge più volte e ad ogni cambiamento di luce, commentato dalla voce narrante, cambia anche l'atteggiamento degli abitanti verso Grace. Ma si fa subito chiara una prima "morale" incompleta, ancora da rifinire: la cattiveria, l'invidia e la perfidia non sono caratteristiche peculiari di chi è potente e può soverchiare nè di chi è indigente e può invidiare, ma sono peccati comuni per ogni essere umano. La donna diventa vittima dei più sfrontati abusi mentre il suo spirito di umanità che si rivelerà del tutto, per un attimo, solo alla fine le fa sopportare ogni cosa con l'idea che nessuno ha colpa quando agisce male per sua natura. In altre parole, secondo il pensiero iniziale della ragazza, non si può accusare una persona per il suo comportamento se la sua mentalità e la sua cultura non le lasciano alternativa.

Non anticipo il finale ovviamente, ma mi preme specificare una cosa. Il colpo vincente del film è sicuramente l'utilizzo dello spettatore per dimostrare la tesi. Il regista riesce a portare lo spettatore nella condizione di avere un brivido di sollievo all'avverarsi di una "meritata" vendetta, facendolo nello stesso tempo rendere conto che si sta rallegrando del vero dramma dell'essere umano. Il confronto nudo e crudo tra questa duplicità di sentimenti antitetici insiti nella stessa mente invita ad una riflessione che palesemente non può portare a nulla di definitamente risolutivo, ma che sicuramente arricchisce la conoscenza del proprio animo.

Aggiungo che il titolo ha un suo senso, ma consiglio di leggere la sua spiegazione (riporto quella che io mi sono dato, abbastanza ovvia ma comunque più che discutibile) solo dopo averlo visto:

il cane Mosè (altro nome simbolico), l'unico personaggio non umano del paese, sarà anche l'unico a non aver approfittato di Grace e a non morire nel tragico finale. Il villaggio dunque, se deve un nome al merito di qualcuno, lo deve al cane e si chiamerà Dogville. L'assurdità è che questa motivazione onomastica verrà riconosciuta solo quando il paese stesso sarà svanito.

Per quanto mi riguarda penso che sia un film davvero eccezionale e lo consiglio caldamente, tenendo però conto, per chi è impressionabile, che se lo si comprende a fondo nel suo significato è molto più crudo e "violento" di altri film che fan leva esclusivamente sulla forza di un'immagine. Non c'è dubbio che le mie parole non riescano a rendere sufficientemente la bellezza e la copiosità di interpretazioni possibili di un'opera di questo calibro, perciò non vi resta che correre a vederlo, se non l'avete già fatto, per constatare di persona.

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