Il legame californio—carbonio catturato in un complesso

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Geber

2021-12-10 17:19

La scarsità e l'elevata radioattività dei più pesanti attinidi, come il californio, rende il loro studio una sfida formidabile. Un decisivo rapporto descrive la prima caratterizzazione di un legame californio-carbonio.

Lo studio dettagliato di una classe di composti organometallici noti come metallocei ha portato a degli sviluppi cruciali in aree come catalisi, elettrochimica e nanotecnologia.

Goodwin et al.1 riportano la sintesi e la caratterizzazione di un metallocene complesso di californio, un membro della serie degli attinidi (Fig. 1a). Notevoli sfide tecniche dovevano essere superate per gestire questo complesso sensibile all'aria di un elemento altamente radioattivo solo due milligrammi di californio sono stati utilizzati nel lavoro. Sorprendentemente, gli autori riportano la prima misura cristallografica di un legame calfornio–carbonio. I complessi organometallici di ioni di attinidi sono emersi come una frontiera di ricerca che sfida i modelli accettati di legame nei complessi di coordinazione (composti che consistono di un atomo o ione centrale legato con dei ligandi). Le scoperte di Goodwin e colleghi aiuteranno a mappare gli andamenti periodici delle proprietà fisico-chimiche attraverso i pesanti attinidi.

Il californio (Cf) non si trova in natura, e fu prodotto la prima volta nel 1950, permettendo l'identificazione di una varietà di sue proprietà chimiche e nucleari2. L'avvento di programmi per produrre elementi più pesanti del plutonio (gli elementi transplutonici) ha permesso successivamente di preparare maggiori quantità di californio. Attualmente, il californio è l'elemento più pesante di cui sono disponibili quantità maggiori di un microgrammo, permettendo la misurazione delle sue proprietà massive nei composti.

Nonostante ciò, in contrasto con il rapido sviluppo della chimica degli attinidi più a sinistra del periodo naturalmente presenti in natura torio e uranio, la chimica del californio (e di altri elementi transplutonici) rimane fortemente limitata dall'elevata radioattività dell'elemento, dalla bassa abboddanza e dall'elevato costo. Il settore ha pertanto ricevuto un'attenzione limitata dagli anni '70.

Goodwin et al. hanno risolto questa lacuna di conoscenze preparando e caratterizzando un metallocene complesso di californio (Fig. 1b). Essi hanno scelto di usare l'isotopo californio-249, perché ha una emivita più lunga (351 anni)2 rispetto agli altri isotopi di questo elemento. Per mettere la radioattività di questo isotopo nella giusta prospettiva, la sua attività specifica è all'incirca 12 milioni di volte quella dell'uranio esausto (uranio-238, che necessita esso stesso di speciali protocolli di manipolazione).

In aggiunta alle sfide coinvolte nel trattamento dell'isotopo sulla piccola scala richiesta dagli isotopi disponibili, c'erano preoccupazioni

che il decadimento radiolitico del californio potesse danneggiare i campioni. Gli autori quindi hanno messo a punto la sintesi del metallocene così che il complesso cristallino potesse essere prodotto in un giorno. Hanno anche ottimizzato la sintesi in reazioni modello usando gli ioni della serie dei lantanidi. I lantanidi sono più economici e più facili da maneggiare del californio, ed i loro ioni hanno un raggio simile allo ione californio, che li rende utili sostituti in reazioni modello.

Goodwin e colleghi hanno anche preparato un metallocene usando americio-241, un attinide che è vicino al californio nella tavola periodica, con una velocità di decadimento radioattivo simile, e che emette particelle α che hanno energie simili a quelle emesse dal californio-249. Hanno usato questo metallocene per investigare il potenziale della radiolisi di influenzare i prodotti formati nelle loro reazioni e la stabilità cristallina dei prodotti. Armati con tutte le informazioni dagli studi di modello, gli autori hanno continuato a isolare e caratterizzare il californio metallocene bersaglio, che si è rivelato avere una struttura "piegata" (i due ligandi organici nel complesso non sono paralleli; Fig. 1b).

Il primo metallocene di un attinide3 fu un composto di uranio isolato nel 1968, e la sua caratterizzazione ridefinì la nostra comprensione del legame metallo–ligando negli attinidi4. Negli ultimi anni, le strutture metalloceniche hanno anche permesso la prima caratterizzazione strutturale dei legami attinide-carbonio oltre l'uranio nella tavola periodica (plutonio5,6 ed americio7). Il lavoro di Goodwin e colleghi estende i legami attinide–carbonio caratterizzati strutturalmente al californio, e permette di comparare in dettaglio il legame e la struttura elettronica degli elementi transplutonici con quella dei lantanidi e degli attinidi più a sinistra nel periodo.

Un complesso organocalifornio8 fu preparato per la prima volta nel 1970, e fu parzialmente caratterizzato usando una tecnica chiamata diffrazione di raggi X su polveri. Sorprendetemente, il complesso era di colore rosso rubino, in estremo contrasto col colore verde menta degli altri composti del californio.

Questa osservazione alimentava la speculazione su se la formazione di legami californio-carbonio determinasse dei cambiamenti nella struttura elettronica e negli spettri di assorbimento dei composti di californio. Nelle loro reazioni, Goodwin et al. osservarono un cambiamento nel colore da verde menta a rosso–arancio non appena il californio di partenza veniva convertito nel metallocene complesso. I cristalli del metallocene isolato erano di colore arancione scuro, e ricordavano quelli dell'organocalifornio complesso descritto nel 1970.

Le misure spettroscopiche degli autori confermarono che lo ione californio era nello stato di ossidazione +3, e suggerivano che il legame metallo–ligando era principalmente ionico, con un limitato carattere covalente. In modo cruciale, esso ha anche rivelato un'ampia caratteristica che determina il colore nello spettro ultravioletto-visibile-vicino infrarosso, a causa del trasferimento di carica dal ligando

al metallo. Una modellazione teorica all'avanguardia della struttura elettronica del complesso, supportata dalla struttura sperimentalmente determinata del californio metallocene e dei suoi analoghi lantanidi, ha confermato che i legami metallo–ligando sono principalmente polarizzati e ionici, come indicato dai dati spettroscopici. In particolare, i modelli hanno anche dimostrato che il divario energetico tra gli orbitali del metallo e gli orbitali del complesso del californio è inferiore a quello degli analoghi lantanidi. Questo fa sì che il trasferimento di carica avvenga nella regione visibile dello spettro, dando al complesso il suo colore rosso-arancione.

Per contro, il disprosio metallocene incolore (il disprosio è un lantanide) ha una funzione di trasferimento di carica paragonabile nella regione ultravioletta dello spettro del complesso.

La scoperta della ragione della divergenza delle caratteristiche spettroscopiche del californio e del disprosio metallocene è sottile, ma importante, poiché apre a domande sulla struttura elettronica degli elementi transplutonici. In particolare, la piccola differenza nella covalenza dei legami metallo–ligando tra i complessi di disprosio e californio indica altri fenomeni che determinano le proprietà uniche degli elementi transplutonici. Uno studio di un altro composto del californio9 ha indicato che la divisione del campo cristallino è sostanzialmente maggiore nel californio trivalente (ioni Cf3+) rispetto agli attinidi della parte sinistra del periodo, trivalenti. (La divisione del campo cristallino è un fenomeno in cui gli orbitali di valenza in uno ione che sono di uguale energia sono divisi per carattere legante dei ligandi in gruppi di energia superiore e inferiore degli orbitali.) Quale risultato, la divisione del campo cristallino nel californio trivalente compete con l'accoppiamento spin-orbita (un altro fenomeno che altera le energie degli orbitali di valenza).

Inoltre, l'osservazione che il gap energetico tra gli orbitali di valenza del ligando e del metallo nel metallocene californio è più piccolo di quello riscontrato nel metallocene disprosio può essere spiegata dal fatto che le energie degli orbitali di valenza del metallo negli elementi transplutonici siano inferiori di quelle nei lantanidi. Questa osservazione supporta l'evidenza10 spettroscopica precedentemente riportata che suggeriva che i complessi del californio bivalente (ioni Cf2+) potessero potenzialmente essere preparati — orbitali di valenza del metallo a minore energia aiutano a stabilizzare i complessi degli elementi nei loro stati di ossidazione inferiori.

La preparazione e l'analisi di Goodwin e colleghi di un metallocene del californio, attualmente l'elemento più pesante per il quale tali imprese sono fattibili, ci permettono di sognare che le domande aperte sulle strutture elettroniche degli elementi transplutonici possano essere risolte sperimentalmente. A questo proposito, va rilevata la complessità logistica degli esperimenti in corso: lo studio ha richiesto il talento dei ricercatori di quattro istituti, e gli isotopi sono stati prodotti in un quinto laboratorio.

Il lavoro ha quindi stabilito una sostanziale infrastruttura fisica e scientifica che permetterà agli scienziati di affrontare come gli effetti della valenza, dell'accoppiamento spin-orbita e del campo cristallino si intrecciano per governare il magnetismo, le proprietà spettrali ed il legame metallo-ligando negli elementi transplutonio.

Julie E. Niklas è nella School of Chemistry and Biochemistry, Georgia Institute of Technology, Atlanta, Georgia 30332, USA.

Henry S. La Pierre è nella  School of Chemistry and Biochemistry and the Nuclear and Radiological Engineering and Medical Physics Program, School of Mechanical Engineering, Georgia Institute of Technology, Atlanta, Georgia 30332, USA.

Riferimenti:

1. Goodwin, C. A. P. et al. Nature 599, 421–424 (2021).

2. Morss, L. R., Edelstein, N. M. & Fuger, J. (eds) The Chemistry of the Actinide and Transactinide Elements 4th edn, Vols 1–6 (Springer, 2011).

3. Streitwieser, A. Jr & Mueller-Westerhoff, U. J. Am. Chem. Soc. 90, 7364 (1968).

4. Minasian, S. G. et al. Chem. Sci. 5, 351–359 (2014).

5. Windorff, C. J. et al. J. Am. Chem. Soc. 139, 3970–3973 (2017).

6. Apostolidis, C. et al. Angew. Chem. Int. Edn 56, 5066–5070 (2017).

7. Goodwin, C. A. P. et al. Angew. Chem. Int. Edn 58, 11695–11699 (2019).

8. Laubereau, P. G. & Burns, J. H. Inorg. Chem. 9, 1091–1095 (1970).

9. Polinski, M. J. et al. Nature Chem. 6, 387–392 (2014).

10. Cary, S. K. et al. Nature Commun. 6, 6827 (2015).

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