Eccoci, dopo tanti mesi di travaglio, al post su quest’ennesima terra rara che ho tanto odiato. Ho acquistato 100g di metallo che ho poi in parte spartito con un altro utente e in parte salificato; quello che m’è rimasto (30g circa) lo conservo sotto argon. Purtroppo ho avuto la sbadatezza di non fare foto prima di richiuderlo nel suo recipiente e, avendo finito l’argon, mi è toccato fotografarlo attraverso il vetro:
Parte del metallo, come dicevo, è stato trasformato in sale. Ho optato per il cloruro: il solfato era un po’ insignificante, poco intensamente colorato e già visto mentre il nitrato troppo deliquescente. La reazione è andata a buon fine e la soluzione aveva un bel color lavanda – rosa confetto al sole e un colore giallo pallido alla lampada a fluorescenza. Lasciato cristallizzare, però, si è formato un ammasso microcristallino sempre umido, che non si riusciva a seccare in nessun modo e che assumeva giorno dopo giorno un colorito sempre più tendente all’arancione-marrone, anche alla luce del sole. Questo fenomeno è stato osservato anche da un utente molto prolifico del forum Sciencemadness, che lavorava con soluzioni di Nd3+ prodotte a partire dall’ossido. La spiegazione non la trovo da nessuna parte: il cloruro “degenerato” si scioglieva in un eccesso d’acqua tornando del colore esatto, dava sempre soluzioni limpide e non aveva nient’altro di anomalo che non fosse il colore. Dovrei avere del materiale fotografico anche su questa parte non riuscita, ma lo pubblicherò successivamente dato che devo ancora ritrovarlo.
Per risolvere il problema ho deciso innanzitutto di precipitare il neodimio come idrossido, riottenendolo in forma decente ed identificabile. Dunque, sulla base di alcune foto trovate in rete e di un ragionamento più intuitivo che teorico, ho dedotto che il neodimio (III) nitrato potesse tendere meno a quello spiacevole effetto cromatico. Quindi ho conservato una piccola parte dell’idrossido per calcinarlo e prepararci l’ossido Nd2O3 e ne ho dedicata la maggior parte alla preparazione del nitrato. La soluzione è stata ben 5 settimane nell’arcinoto sacchetto essiccante prima che comparisse qualche cristallo. Stavo già desistendo, giunto a questo punto, poiché il colore della soluzione concentrata era diventato di nuovo arancio-marrone. Però, lasciando il nitrato all’aria, è cristallizzato definitivamente tutto e il colore è decisamente migliorato. Ho sciacquato i cristalli con un po’ di cloroformio (l’unico solvente che son riuscito a trovare in cui il nitrato non fosse solubile) e li ho lasciati in essiccatore su P2O5 per tre giorni. Al termine il risultato ha superato le aspettative e la mia intuizione, non supportata dalla teoria, mi ha rincuorato dopo il momento di sconforto. Ecco i 20g di Nd(NO3)3 idrato (Al saprà certamente dirci quanto sia idrato) e una sua soluzione, tutte foto scattate alla luce solare:
Ho poi fatto il solito confronto luce naturale (sinistra) - luce artificiale (destra), affiancando ad un campione di nitrato un altro di ossido, dal peso di 1g, ottenuto come detto precedentemente dalla calcinazione dell'idrossido.
Come potrete notare, sembra che l'intensità cromatica del nitrato sia maggiore con la luce solare, mentre quella dell'ossido con la luce artificiale.
Vi lascio con un'ultima considerazione: benchè i nitrati delle terre rare siano estremamente più igroscopici dei cloruri e dei solfati, ho ripiegato più volte su questi sali per due essenziali motivi: fanno più facilmente dei cloruri cristalli grossi, molto più resistenti all'umidità degli ammassi microcristallini degli altri sali e, rispetto ai solfati, sono più intensamente colorati e più facili da purificare dagli eccessi di acido.
Parte del metallo, come dicevo, è stato trasformato in sale. Ho optato per il cloruro: il solfato era un po’ insignificante, poco intensamente colorato e già visto mentre il nitrato troppo deliquescente. La reazione è andata a buon fine e la soluzione aveva un bel color lavanda – rosa confetto al sole e un colore giallo pallido alla lampada a fluorescenza. Lasciato cristallizzare, però, si è formato un ammasso microcristallino sempre umido, che non si riusciva a seccare in nessun modo e che assumeva giorno dopo giorno un colorito sempre più tendente all’arancione-marrone, anche alla luce del sole. Questo fenomeno è stato osservato anche da un utente molto prolifico del forum Sciencemadness, che lavorava con soluzioni di Nd3+ prodotte a partire dall’ossido. La spiegazione non la trovo da nessuna parte: il cloruro “degenerato” si scioglieva in un eccesso d’acqua tornando del colore esatto, dava sempre soluzioni limpide e non aveva nient’altro di anomalo che non fosse il colore. Dovrei avere del materiale fotografico anche su questa parte non riuscita, ma lo pubblicherò successivamente dato che devo ancora ritrovarlo.
Per risolvere il problema ho deciso innanzitutto di precipitare il neodimio come idrossido, riottenendolo in forma decente ed identificabile. Dunque, sulla base di alcune foto trovate in rete e di un ragionamento più intuitivo che teorico, ho dedotto che il neodimio (III) nitrato potesse tendere meno a quello spiacevole effetto cromatico. Quindi ho conservato una piccola parte dell’idrossido per calcinarlo e prepararci l’ossido Nd2O3 e ne ho dedicata la maggior parte alla preparazione del nitrato. La soluzione è stata ben 5 settimane nell’arcinoto sacchetto essiccante prima che comparisse qualche cristallo. Stavo già desistendo, giunto a questo punto, poiché il colore della soluzione concentrata era diventato di nuovo arancio-marrone. Però, lasciando il nitrato all’aria, è cristallizzato definitivamente tutto e il colore è decisamente migliorato. Ho sciacquato i cristalli con un po’ di cloroformio (l’unico solvente che son riuscito a trovare in cui il nitrato non fosse solubile) e li ho lasciati in essiccatore su P2O5 per tre giorni. Al termine il risultato ha superato le aspettative e la mia intuizione, non supportata dalla teoria, mi ha rincuorato dopo il momento di sconforto. Ecco i 20g di Nd(NO3)3 idrato (Al saprà certamente dirci quanto sia idrato) e una sua soluzione, tutte foto scattate alla luce solare:
Ho poi fatto il solito confronto luce naturale (sinistra) - luce artificiale (destra), affiancando ad un campione di nitrato un altro di ossido, dal peso di 1g, ottenuto come detto precedentemente dalla calcinazione dell'idrossido.
Come potrete notare, sembra che l'intensità cromatica del nitrato sia maggiore con la luce solare, mentre quella dell'ossido con la luce artificiale.
Vi lascio con un'ultima considerazione: benchè i nitrati delle terre rare siano estremamente più igroscopici dei cloruri e dei solfati, ho ripiegato più volte su questi sali per due essenziali motivi: fanno più facilmente dei cloruri cristalli grossi, molto più resistenti all'umidità degli ammassi microcristallini degli altri sali e, rispetto ai solfati, sono più intensamente colorati e più facili da purificare dagli eccessi di acido.