OLED al rutenio - Allestimento e funzionamento

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Max Fritz

2014-01-15 19:46

Questa volta ho davvero dei risultati (corredati da foto) da presentarvi, dopo tanto tempo! (Se avete da ridire sulla sezione in cui ho postato commentate pure, eventualmente si sposta). Premetto che questo esperimento è abbastanza semplice da realizzare (avendo tutto l'occorrente, s'intende), ma non così banale da capire. Magari Rusty, quando leggerà e se avrà tempo, ci darà spiegazioni più esaudienti. Lo scopo è quello di realizzare un fotodiodo (un dispositivo che emette luce quando viene attraversato nel senso giusto dalla corrente) a base di un complesso organico di rutenio (II). Materiali utili: - Tris(2,2'-bipiridile) rutenio (II) tetrafluoroborato - Alcol polivinilico (massa molare intorno a 80'000 g/mol, CAS 97-67-6) - Ventola per pc - Phon ad aria calda - Lega gallio-indio (in piccola quantità può essere ottenuta premendo tra di loro due blocchetti dei rispettivi metalli e lasciando gocciolare la lega, che fonde a 15°C circa). -Vetrini conduttivi ITO (basta che conducano da una sola faccia, quello che ho usato io era da 50x50x1,1mm e 10-15 ohm/mq -Alimentatore a tensione regolabile (3, 4.5, 6 etc. volt). Va evitato un voltaggio troppo alto per evitare di bruciarli. Procedura: In una provetta tenuta in un bagno d'acqua calda (90°C circa) si versano 10mL di acqua distillata. Si aggiungono a piccole porzioni 0,3g di alcool polivinilico, agitando dopo ogni aggiunta e aspettando fino a completa dissoluzione. Dopo aver lasciato raffreddare, si addizionano 0,11g di complesso di rutenio e si agita di nuovo sino ad ottenere una soluzione limpida, arancio carico. Per mezzo di un multimetro, si determina il lato conduttivo del vetrino ITO, si pulisce accuratamente con acetone e poi con acqua distillata e, dopo averlo lasciato asciugare completamente, si protegge una striscia marginale (lunga quanto uno dei lati e larga 1cm o poco meno) con del nastro adesivo. Si incolla il vetrino al centro della ventola per pc (con del biadesivo o altro rimovibile, dalla parte non conduttiva, lasciando quindi lo strato conduttivo esposto verso l'alto) e lo si sistema all'interno di una vaschetta in plastica. Aiutandosi con un cotton fioc e con una pipetta pasteur, si stende uno strato omogeneo di soluzione del complesso in alcol polivinilico, quindi si aziona la ventola e, contemporaneamente, si direziona il getto d'aria calda del phon sul vetrino. E' necessario trovare un buon compromesso tra forza centrifuga (che rende lo strato ben omogeneo, ma allontana anche il liquido prima che abbia il tempo di asciugarsi sul vetrino) e aria calda del phon, che lo fa asciugare in modo disomogeneo, creando spessi disomogenei accumuli sui bordi. Gli ultimi passaggi vanno ripetuti almeno 6-7 volte, finché non si riesce ad ottenere uno strato abbastanza consistente di materiale (il vetrino, appoggiato su un foglio di carta bianca, deve apparire arancione chiaro, non giallo sbiadito). Quando si è soddisfatti del risultato, dopo averlo staccato dalla ventola, si insiste con l'aria del phon per far asciugare del tutto gli strati: è necessario che non rimangano tracce d'acqua. Scegliendo le zone più omogenee e più scure, si applica su di esse, sempre tramite un cotton fioc, uno strato di lega eutettica gallio-indio. Questo, in base alle mie prove, si è rivelato il passaggio più critico. Sconsiglio di strisciare il cotton fioc, e penso sia molto più efficace picchiettarlo con forza e insistentemente in uno stesso punto. Può tornare utile preparare una mascherina di cartoncino forato da tenere tra il vetrino e il cotton fioc, per evitare di spandere lega ovunque. Come vedrete dalle foto, alcuni dei contatti in lega funzionano poco o niente perché aderiscono solo superficialmente allo strato di complesso metallico (il contatto in basso emette poca luce, quello centrale non ne emette affatto).

DSCF0908.JPG
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Se fin qui è andato tutto bene, collegando con una pinzetta metallica il vetrino (dalla parte della banda che prima era stata protetta dal nastro adesivo, ora rimosso) al polo positivo dell'alimentatore, e toccando i contatti in lega con lo spinotto collegato al polo negativo, si dovrebbe vedere una luce abbastanza intensa, di colore rosso-arancione. Il voltaggio ideale per evitare di degradare il prodotto ottenendo allo stesso tempo una discreta luce è di 4,5V. Fino a 12V, tuttavia, si riesce ad osservare una luce intensa per qualche secondo, senza lasciare troppi danni.
DSCF0925.JPG
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DSCF0926.JPG
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DSCF0928.JPG
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Ecco, infine, una foto del setup:
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Discussione: Non mi lancerò in una spiegazione approfondita del fenomeno che sta alla base, ma scrivo giusto due parole per chi non sapesse proprio nulla. Partendo dalla considerazione logica che il sistema di per sè sembrerebbe perfettamente simmetrico, potrebbe suonare strano (e a me ha fatto quell'effetto!) pensare che si comporti da diodo, ovvero che faccia scorrere la corrente in un senso e non nell'altro. La spiegazione sta nel diverso comportamento dei contatti agli estremi: da una parte il catodo, costituito dai contatti in lega, che si comporta come un materiale con drogaggio di tipo n, dall'altra l'anodo, ovvero lo strato conduttivo di ossido di stagno e indio, che si comporta come un materiale con drogaggio di tipo p. Tra questi due estremi, avviene una cascata di reazioni redox del rutenio da Ru(I) presente vicino al polo negativo a Ru(III) formatosi vicino al polo positivo. Alcuni di questi ioni, trovandosi in uno stato elettronico eccitato, ritornano allo stato fondamentale emettendo luce. Il processo avviene in maniera relativamente lenta (si nota un leggerissimo ritardo tra la chiusura del circuito e l'inizio dell'emissione di luce a pieno regime) ed è perciò una fosforescenza.

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TETSU

2014-01-15 20:11

Max Fritz ha scritto:

Questa volta ho davvero dei risultati (corredati da foto) da presentarvi, dopo tanto tempo! (Se avete da ridire sulla sezione in cui ho postato commentate pure, eventualmente si sposta). ............................. ............................. Il processo avviene in maniera relativamente lenta (si nota un leggerissimo ritardo tra la chiusura del circuito e l'inizio dell'emissione di luce a pieno regime) ed è perciò una fosforescenza.

Veramente complimenti!!! *clap clap* Io ne so veramente poco, ma dici che si possono usare altre sostanze luminescenti tipo gli 8-idrossichinolinati di Al, Zn ecc?

al-ham-bic

2014-01-15 22:38

Meraviglioso!

Chimica (fisica) sposata con l'elettronica *Hail* ... ecco un esperimento che ti invidio caramente (che vorrei ma che non farò mai per i soliti motivi che ho già detto).

Gallio, indio, ecc. ecc., tutti metalli assolutamente protagonisti nel teatro dei semiconduttori; deduco che non saranno sostituibili, ma magari ci dirai qualcosa in più su quell'impasto di metalli carini.

Questo oled è anche una buona prova di manualità: la parte "meccanica" dell'exp è importante (e forse più) del resto.

Il led una volta acceso si degrada e alle successive prove devi pian piano aumentare la tensione o rimane costante nel funzionamento?

Ciò perchè un led in genere è un dispositivo a tensione costante, sempre alimentato tramite una resistenza in serie come limitatrice di corrente, che è nell'ordine dei mA. Un normale led alimentato senza la resistenza ha vita corta...

Hai misurato i due valori tensione/corrente? Certo che la parte realizzativa ha un ruolo determinante in ciò.

Mi piacerebbe vedere l'effetto raddrizzante di questo diodo all'oscilloscopio e magari tracciarne la curva caratteristica V/I...

Bravo Max, il prossimo lo vogliamo verde! ;-)

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Dott.MorenoZolghetti

2014-01-15 22:46

Bel lavoro, anche se il mio è solo un giudizio sulla creatività. Non sono molto ferrato su simili stregoneschi esperimenti. ;-)

Confesso che mi manca quel tuo insano sadismo che t'induceva a sacrificare a qualche freddo acido, un povero indifeso vile metallo. :-D


Per il povero Al: guarda che se ti manca l'eutettico possiamo provvedere (gratis) alle tue lacune "elettroniche", tuttavia mi sembra che tu abbia perso la fede.

Se invece ti manca anche il complesso al rutenio, lì potrebbe sopperire Max, tuttavia mi sembra che ti manchi la speranza.

Caro Al, conserva almeno il calore dell'amore o ti ridurrai a un cimelio museale. :-)


A me manca il vetrino conduttore, di cui so nulla. Come si prepara un vetrino conduttore? Basta depositargli sopra del metallo, tipo argentatura o doratura, oppure occorre vaporizzare il metallo a caldo?

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al-ham-bic

2014-01-16 00:56

Dott.MorenoZolghetti ha scritto:

...tuttavia mi sembra che ti manchi la speranza...

OT switch ON

Sì, effettivamente la "crisi" mi ha contagiato e sono diventato consapevolmente molto realista >_> (non nel senso savoiardo)

Tuttavia ti assicuro che se ho perso qualche etto di speranza, non se ne è andato nemmeno un milligrammo nè di fede e nè di "amore" (lato sensu!); non esiste alcun problema da questo punto di vista.

Ho solo preso delle decisioni, per quanto possibile, e non so neanche se le manterrò.

Se lo spirito è forte e la carne è debole... per esempio rifornire il lab fa parte "della carne".

OT switch OFF

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Max Fritz

2014-01-16 21:06

@Al, confermo quanto dice il dottore, sono pienamente disposto a mandarti gratuitamente un po' del composti di Ru! Davvero, no problem, le prove che potresti farci sarebbero una ricompensa più che sufficiente. Per quanto riguarda la sostituibilità dei metalli non oso pronunciarmi troppo, ma son quasi certo che non siano sostituibili (per comportamento chimico, conduttività, p.f. dell'eutettico etc.; forse il galinstan dei nuovi termometri, tuttavia, potrebbe andar bene). @Zolg: Il vetrino conduttore si può preparare decomponendo termicamente una soluzione di SnCl2 in HCl spruzzata sul vetrino, messo poi in muffola. Lo scopo è fare uno straterello uniforme di SnO2, sufficientemente trasparente. Qui spiegano come procedere: youtube.com/watch?v=RSD3X8WaTHk Prima di acquistarli, avevo fatto qualche tentativo, ovviando alla muffola con sistemi molto rudimentali: il vetrino rimaneva intatto e trasparente, uno strato iridescente si vedeva, in controluce, ma il multimetro non segnava alcuna differenza rispetto al vetro non trattato (conducevano pochissimo). @Al: il LED si degrada, nel senso che utilizzato sopra i 4,5V si nota un progressivo affievolirsi della luminosità, e sicuramente così com'è non è molto stabile se usato per un tempo troppo lungo (penso bastino in realtà pochi minuti consecutivi, ma devo provarci). Per quanto riguarda l'intensità di corrente, misurata ovviamente in serie, durante il buon funzionamento del LED i valori erano molto bassi (0,01 mA), ma presto salivano, perché il puntale del multimetro arrivava facilmente a toccare lo strato di vetro conduttivo (sostanzialmente quando il materiale si comporta da LED, le correnti in gioco sono bassissime, quando iniziano a scorrere correnti alte, il materiale smette di funzionare correttamente). @TETSU: avevo trovato un documento, in realtà piuttosto complesso (parlava di progetti per me non realizzabili, di OLED multistrato, con strati attivanti e 8-idrossichinolinato di Al. Se lo ritrovo lo allego volentieri!

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