Spettrometria di massa in chimica organica

Myttex Forum ha chiuso definitivamente. Non è più possibile inviare messaggi, ma il contenuto è ancora consultabile in questo archivio.

chesa391

2013-04-25 22:55

Buonasera. Ho cercato sul forum e ho notato che manca una discussione in cui sia trattata in dettaglio la spettrometria di massa. Dato che credo (o meglio, così mi hanno fatto credere finora!:-D) che sia una delle tecniche più usate in ogni campo della chimica, ho pensato di aprirne una io. Premetto che naturalmente, data la vastità dell'argomento, non potrò certamente curare al massimo ogni minimo particolare, almeno per ora, e quindi mi impegnerò a far crescere piano piano questa discussione aggiungendo appena avrò tempo qualche pezzetto in più. In ogni caso, parlerò di spettrometria di massa in generale, iniziando dai metodi di ionizzazione più utilizzati (anche con qualche cenno tecnico sulle apparecchiature, quando possibile), per poi passare a descrivere i diversi tipi di analizzatori e quindi i rivelatori. Oltre a questo, parlerò anche di come sia possibile, in chimica organica, utilizzare la spettrometria di massa per ottenere informazioni di tipo strutturale. Naturalmente, chiunque abbia qualcosa da aggiungere o soprattutto da correggere faccia pure! ;-) La spettrometria di massa è una tecnica analitica utilizzata per ricavare informazioni di tipo qualitativo e quantitativo sull'analita in esame. Il principio base della spettrometria di massa è quello di riuscire a separare miscele di ioni in base al loro rapporto massa su carica (m/z). Uno spettrometro di massa, in generale, è costituito da 3 parti: una sorgente, in cui avviene la ionizzazione dell'analita, un analizzatore, in cui le diverse specie ioniche presenti sono separate, e un rivelatore, che permette l'interpretazione dei dati ottenuti. Lavorare su ioni, anziché su specie neutre è particolarmente vantaggioso dal punto di vista pratico, poiché questi possono rispondere in modi diversi alla presenza di campi elettrici, campi magnetici, radiofrequenza. Il passo fondamentale per riuscire a registrare uno spettro di massa, quindi, è quello di riuscire a ottenere specie ioniche (cariche positivamente o negativamente), e per farlo sono state sviluppate diverse tecniche, ognuna con particolari caratteristiche. Esistono due principali tipologie di ionizzazione: ionizzazioni hard, in cui si ionizza la molecola di analita impiegando una energia relativamente alta, e quindi si ha una maggiore frammentazione dello ione molecolare, e uno spettro con un numero maggiore di picchi. ionizzazioni soft, in cui l'energia utilizzata è minore, e si ha quindi la quasi totale assenza di frammentazioni.


IONIZZAZIONE ELETTRONICA (EI) - ionizzazione di tipo HARD M(g) + e- → M+● + 2 e- Chiamata soprattutto in America “Electron Impact”, nonostante non si abbia in realtà una collisione di elettroni sulla molecola di analita, questa tecnica di ionizzazone è una delle più usate per specie volatili, apolari, termostabili e di basso peso molecolare (fino a 600-700 Da). Lo schema di una sorgente a Ionizzazione Elettronica è rappresentato in figura: Responsabile della ionizzazione dell'analita è un fascio di elettroni emesso dal filamento in basso, accelerati a 70 eV. Le molecole in fase gassosa vengono introdotte nella sorgente, e qui vengono ionizzate dagli elettroni, che “strappano” da ogni molecola un elettrone, creando lo ione molecolare, che in questo caso è un radicale carico positivamente, il cui peso molecolare è lo stesso della molecola neutra dell'analita (considerando trascurabile la massa dell'elettrone perso). Fisicamente, accade che una parte dell'energia cinetica del fascio di elettroni prodotti dal filamento viene trasferita a uno degli elettroni esterni della molecola, provocando l'allontanamento di questo dal suo nucleo. A questo punto, lo ione molecolare viene spinto fuori dalla sorgente, verso l'analizzatore, da una serie di lenti di accelerazione e focalizzazione, su cui è applicato un potenziale crescente.

Mario

2013-04-26 19:11

Buonasera chesa391.

........Naturalmente, chiunque abbia qualcosa da aggiungere o soprattutto da correggere faccia pure! ........

Accolgo il suo invito facendo subito notare che la frase su cui viene applicata una differenza di potenziale di 70 eV. è scorretta.

La differenza di potenziale non si misura in eV.

Suggerisco di scrivere al suo posto la frase "gli elettroni ionizzanti emessi dal filamento sono accelerati a 70 eV".

saluti

Mario

al-ham-bic

2013-04-26 20:09

Grazie per l'dea divulgativa, che leggerò volentieri!

Condivido l'osservazione di Mario; pur non conoscendo questa tecnica, da vecchio "tubista" mi era saltato subito all'occhio il particolare.

(Per "tubista" intendo dire che ho avuto parecchio a che fare con le valvole termoioniche negli anni "scorsi"..., anche se in altro ambito).

Mi viene una domanda, dettata appunto dall'ignoranza riguardo questi apparecchi: intuitivamente si direbbe che un fascio di elettroni che tentano di fare un incontro ravvicinato del terzo tipo con altri elettroni (quelli esterni della molecola analita), dovrebbero esserne assolutamente respinti, o quantomeno lo "strappo" dovrebbe avvenire con enorme difficoltà. A meno che...

Evidentemente non è così e la cosa funziona, ma mi suona antiintuitiva e vorrei capirne di più la ragione.

(Ragiono in questo modo pensando che in un tubo a vuoto basta una piccolissima ddp negativa (pochi volt) per interdire completamente il flusso di elettroni tra il filamento e l'anodo, anche se quest'ultimo è caricato ad potenziale molto elevato. Qui non si tratta di un tubo a vuoto, ma il paragone per analogia è giustificato).

Suppongo poi che le piastre di focalizzazione abbiano un potenziale negativo (sempre rispetto al catodo/filamento) e che la placchetta verso la quale il fascio di elettroni si dirige abbia un potenziale fortemente positivo.

Puoi quantificare i valori (in Volt) in gioco in questi dispositivi?

Così mi spiego maggiormente quell'"a meno che" che ho detto sopra.

Grazie.

chesa391

2013-04-26 21:09

Grazie ad entrambi, il mio scopo principale era proprio quello di cercare di capire anche io stesso più a fondo i particolari di questo argomento, che mi aveva piuttosto preso un paio di anni fa, quando lo ho studiato per una parte di un esame. Mario, giustissimo, sarà stato l'orario..di solito sono piuttosto pignolo per queste cose..Odio sbagliare unità di misura e questo è stato il caso..corretto subito, così dovrebbe andare! al-ham-bic, sto cercando di ritrovare il materiale su cui avevo quella spiegazione, che per il momento avevo preso "barbaramente" da qualche appunto, con l'idea di aggiungere in seguito.. Appena troverò una risposta ai tuoi dubbi (compreso il potenziale delle piastre di focalizzazione) la posterò!

al-ham-bic

2013-04-26 21:18

Fai con assoluta calma -_-

Se e quando trovi qualcosa che ritieni interessante, mettila.

Rusty

2013-04-26 21:49

Mario ha scritto:

Suggerisco di scrivere al suo posto la frase "gli elettroni ionizzanti emessi dal filamento sono accelerati a 70 eV".

Essendo l'elettronvolt una misura di energia, a parer mio, non è nemmeno questa l'espressione giusta; "accelerati a" si usa per indicare l'accelerazione del punto finale (accelerati a 300 m/s^2 ad esempio).

La frase corretta sarebbe dovuta essere "gli elettroni ionizzanti emessi hanno un'energia di 70 eV", piu' corretta dal punto di vista della grandezza in esame.

Saluti