TLC: consigli e considerazioni d'uso

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EdoB

2021-09-28 13:05

Avvicinandomi sempre di più al mondo della chimica organica mi sono imbattuto in una tecnica analitica estremamente comune che per diverso tempo ho guardato dal basso verso l’alto: la cromatografia su strato sottile. La cosa che mi ha sempre frenato dall’usare la TLC è il costo della tecnica, che a primo impatto mi sembrava proibitivo. Infatti 25 lastre 20*20cm costano circa un centinaio di euro. Un amico è riuscito a farmene avere diverse (facendomi un favore enorme) e, con il senno di poi, ho scoperto che una confezione dura molto. Ho sperimentato l’uso delle TLC per circa tre mesi ed ora ho deciso di condividere alcuni accorgimenti che permettono di risparmiare tempo, soldi e reagenti che ho escogitato. Non parlerò della tecnica “base” dato che su YouTube si trovano decine di video.

    Taglio

Come accennato, le lastre cromatografiche vengono spesso vendute in formato 20*20cm e quelle che ho io non fanno eccezione. Ne esistono fondamentalmente di 3 tipi diversi: plastica, metallo e vetro. Le prime due tipologie si tagliano con un taglierino, appoggiando le lastre con il lato rivestito su un foglio di carta assorbente, incidendole sul retro in più passate. Si possono tagliare anche con le forbici, ma nella mia esperienza si rischia di rovinare il rivestimento ai margini. Le lastre in vetro invece vengono trattate come le altre, ma si fa una sola incisione con un tagliavetro. Il costo di questo utensile è minore di 5 euro. Nel tagliare tratti  >5 cm è necessario incidere tutta la lunghezza della lastra, per tratti più corti bastano incisioni di un paio di cm. Si procede poi spezzando la lastra indossando dei guanti (più per proteggere il rivestimento che per proteggere se stessi). 

Queste sono le tlc che possiedo. 

      2. Dimensioni

A scuola, lavorando in 25, non tagliavamo mai le tlc, usandole per intero. Anche nei video che si trovano in rete vengono mostrate lastre con una base di almeno 4-5 cm. Nella mia esperienza, per metodi già semi collaudati o per analisi sommarie, lastrine di 1-2*3-4cm sono più che soddisfacenti per 1-6 campioni. Questo comporta un uso molto più intelligente di questi consumabili e abbatte i costi fino a un ~20% del metodo tradizionale. In https://drive.google.com/file/d/1Pl-jkxb2pphvyeXwMXCHnz-sKl37mbFJ/view?usp=sharingquesta TLC ho confrontato acetofenone (A) con 3-nitroacetofenone grezzo (M) e 3-nitroacetofenone puro (N). Come si vede una lastrina di circa 1*5cm è più che sufficiente. La visualizzazione delle macchie è stata fatta con una soluzione di 2,4-dinitrofenilidrazina in soluzione idroalcolica acida per acido solforico 

     3. Metodo di semina

Per seminare i campioni/standard su lastre così piccole è indispensabile usare microsiringhe o capillari di piccolissimo diametro. Le prime costano parecchio ma si usano quasi all'infinito (fino a che non si fanno cadere a terra e si rompono). I secondi sono monouso, ma hanno un costo minore. Si possono comprare dei capillari per ematocrito (d= 1,5mm, quelli per pf per intenderci) o delle pipette pasteur in vetro, in entrambi i casi si scalda il vetro sulla fiamma ossidante di un bunsen fino a rammollimento del vetro. Agendo rapidamente, si allontana il vetro dalla fiamma e si allungano le estremità del tubo così da creare un capillare con piccolissimo diametro, che può poi essere tagliato in segmenti più corti. Per poter vedere il liquido che prima riempie il capillare e poi che si deposita sul materiale adsorbente è necessario lavorare in abbondanza di luce.

    4. Preparazione di standard e campioni

La quantità di sostanze necessarie per la semina è inferiore al milligrammo. Per preparare le soluzioni uso provette eppendorf in polipropilene con capacità di 0,5 mL. Questo riduce di molto il costo di ogni operazione. Una singola provetta costa circa 0,1-0,2 centesimi, inoltre la quantità di solvente impiegato è inferiore al mezzo mL il che riduce rischio, costi e impatto ambientale. La scelta del solvente può essere di una certa importanza. Infatti ho notato, ad esempio, che per alcune aldeidi aromatiche si ottengono in piccola parte degli acetali nel caso in cui si utilizzi metanolo come solvente, il che porta alla formazione di due bande nel cromatogramma. In generale i solventi che prediligo sono metanolo, etilacetato e cloroformio ma ovviamente le possibilità sono molte. Ho raccolto in una tabella tutti i solventi che ho avuto modo di usare nella preparazione dei campioni con i principali pregi e difetti. Da notare la menzione dell’infiammabilità nella colonna “sicurezza” ma non nella colonna difetti. Infatti lavorando come specificato ci si ritrova ad avere sul bancone non più di 5-10 ml di sostanze infiammabili in un dato momento. Diciamo che, ad eccezione dell’etere etilico, con gli altri solventi mi fiderei ad accendere il bunsen a un metro di distanza per creare dei capillari nuovi senza preoccuparmi di incendi o altro (lo dico per dire, non fatelo).

https://docs.google.com/spreadsheets/d/1BLoj3ugku93WGP2NTZy0uCMtc2UXk0RL45W6oTcHEF4/edit?usp=sharingTABELLA

     5. Camera cromatografica

Sempre sull’onda del risparmio, come camera di eluizione uso delle https://drive.google.com/file/d/1pYM-Mley0WyueqKSKDQsMlyK2AHO-fSY/view?usp=sharingconfezioni vuote per capillari che avevo recuperato dal cestino del vetro mentre ero a scuola. Sono tubi cilindrici a fondo piatto con tappo in PE. La ridotta dimensione permette di usare max 0,5 mL di eluente per riempire il fondo della camera. Inoltre il recipiente si satura velocemente di vapori, e non è necessario aspettare più di tanto prima di poter inserire una tlc da sviluppare. Nel caso di lastre più grandi uso beaker coperti con un vetri da orologio.

     6. Fasi mobili

I due solventi che uso maggiormente per preparare l’eluente sono l’acetato di etile e l’eptano (miscela di isomeri). Sono due solventi economici che si trovano a basso prezzo sui siti che vendono materiale per il restauro. In rapporti diversi dunzionano bene abbinati alla silice o allumina. Per la cellulosa si utilizzano fasi mobili più polari in genere. Talvolta può essere necessario aggiungere piccole quantità di acido acetico (per composti acidi) o trietilammina (per composti basici), ma bisogna sperimentare di volta in volta.

     7. Visualizzazione dei cromatogrammi

Esiste una discussione solo su questo tema e quindi non mi dilungherò più di tanto. Aggiungo solo 2 cose per chi (come me al momento) non ha una lampada di Wood da 254 nm. Il permanganato è un utile mezzo di sviluppo per una grossa varietà di composti organici ma non sempre funziona come si vorrebbe. Ho trovato un metodo alternativo a quello classico che impiega l’indicatore di fluorescenza da usare quando il permanganato non da risultati soddisfacenti. La lastrina viene prima asciugata dal solvente residuo, poi viene immersa in una soluzione diluita (direi max 0,05-0,1%, ma anche più diluita) di fluoresceina sodica in metanolo o metanolo/acqua. Se proprio non si possiede questo colorante si può sempre spremere l’inchiostro di un evidenziatore giallo. Dopo l’immersione la lastrina viene celermente estratta e tamponata con carta assorbente. Il solvente evaporato e poi si può visualizzare sotto luce UV a onde lunghe o addirittura luce blu. Nel caso in cui i composti da visualizzare siano facilmente bromurabili (composti aromatici attivati e non solo), si può aumentare il contrasto esponendo il cromatogramma a vapori di Br2 o I2. La fluoresceina che non ricopre le macchie viene alogenata, perdendo la fluorescenza e divenendo rosa. Le macchie appaiono di colore diverso e/o fluorescenti. Per esempio, in questa foto si vede una tlc che confronta uno https://drive.google.com/file/d/1somlT1GEsU55SNg25DQLnjh0Li5LJxmn/view?usp=sharingstandard (s) di cannabidiolo con un estratto di cannabis in olio (che si trova in commercio) che dovrebbe contenerlo (CAMP). La TLC in questione presenta una banda di farina di diatomee nella zona inferiore. Questa è detta zona di accumulo e serve per concentrare il campione prima che questo subisca la vera e propria separazione cromatografica nella zona superiore rivestita di silice. Dopo eluizione con EtOAc/C7H16 - 1:2, si esegue prima il trattamento con fluoresceina sodica e poi vapori di bromo. Sotto lampada UV a onda corta ho cerchiato le macchie e https://drive.google.com/file/d/1KAJmkKRAmPp7prY6fs2jQfd6JITI_Hqp/view?usp=sharingquesto è il risultato.

Spero che queste informazioni possano essere utili, ovviamente se qualcunə ha altri suggerimenti o domande questa è una discussione e non una pubblicazione, quindi possiamo parlarne :-)

P.S.

Purtroppo continuo ad avere problemi nel caricare le foto e sono costretto a mettere questi noiosissimi link ogni volta, peccato in questa discussione stavano bene tante immagini.. 

I seguenti utenti ringraziano EdoB per questo messaggio: LuiCap, Geber, luigi_67, Beefcotto87, myttex, Teor.Ema

Geber

2021-09-28 17:41

Bella e interessante discussione.

Bravo EdoB.

I seguenti utenti ringraziano Geber per questo messaggio: EdoB