Una pila dalle inusuali proprietà
Photo 
Mi è capitato fra le mani questa brevetto nord americano US6103054
La cosa ha attirato subito  la mia attenzione in quanto viene presentato  come un dispositivo in grado di generare una tensione elettrica convertendo il calore ambiente direttamente in elettricità e sopratutto funziona senza che ci siano le classiche reazioni redox delle pile convenzionali, (questo è quanto viene dichiarato, la realtà è un po’ diversa come vedrete in seguito).
Questo dispositivo sfrutta come in tutte le pile la diversa elettronegatività fra elementi o composti che ne fanno parte , di seguito la tabella con l’ elettronegatività degli elementi secondo Pauling.

   

La pila è facilmente replicabile a patto di sostituire alcuni elementi  con altri dalle proprietà elettriche equivalenti.
Secondo il brevetto americano, che descrive nei dettagli la preparazione del dispositivo,  Il polo negativo della pila è costituito da una lastrina di Al o meglio Mg su cui viene spalmato un impasto di polvere di Cr2O3 e acetato di polivinile, PVAc,  (la classica colla vinavil), il polo positivo è invece formato da una lastra di Cu su cui viene spalmato un impasto di polvere di fosforo rosso  e acetato di polivinile, PVAc.  Dopo aver fatto asciugare i due impasti le due lastre vengono accostate fra di loro e lievemente pressate per portare a contatto l’impasto di P con quello di Cr2O3 come si può osservare nell’immagine sottostante

   
1  P + PVAc ,  2 lastra di Cu,  3 lastra di Al o Mg,  4 Cr2O3 + PVAc

L’unico elemento difficile da reperire è il fosforo rosso l’ho rimpiazzato alternativamente con 3 composti elettricamente conduttivi a mia disposizione con elettronegatività equivalente o superiore: C, MnO2, PbO2.     S u questo  dispositivo ho eseguito una serie di test preliminari, ed ho scoperto che non corrisponde al vero quanto viene affermato sull’assenza di reazioni  redox nel dispositivo,  la reazione esiste anche se è di lieve entità e ne è fattore determinante l’acqua intrappolata negli impasti a base di colla vinilica.
Infatti  dopo aver preparato le 2 lastre metalliche con relativi impasti le avevo messe a seccare e poi sotto vuoto per eliminare la maggior parte dell’ acqua, ebbene queste 2 lastre non erano in grado di generare alcuna tensione in uscita nemmeno di lieve entità.                                                                                                     
In un’altra preparazione invece ho accostato le 2 lastre con impasto quando questo era appena solidificato ma con ancora una certa quantità d’ H2O nell’impasto il dispositivo in questo caso ha generato una tensione elettrica .
Nel brevetto viene inoltre dichiarato che per avere una tensione in uscita condizione essenziale e che le due lastre metalliche esterne che raccolgono all’uscita la differenza di potenziale siano di metalli con diversa elettronegatività, anche questo è sbagliato,  ho una cella che genera tensione con entrambe le lastre di uscita in alluminio
La tensione in uscita è determinata dall’elettronegatività dei 2 impasti interni contrapposti.
Di questo dispositivo ho realizzato 3 celle tutte con superficie attiva di 100 cm2

Cella 1:  Al-Cr2O3.PVAc - - Grafite.PVAc-Al      tensione in uscita a 32ºC 665 mV
Cella 2:  Al-Cr2O3.PVAc - - MnO2.PVAc-Grafite   tensione in uscita a 50ºC 842 mV
Cella 3: Al-Cr2O3.PVAc - - PbO2.PVAc-Grafite       tensione in uscita a 52ºC 1124 mV

La cella che ha dato le maggiori prestazioni  è la 3 complice l’elevata elettronegatività e l’alta conduttività del diossido di piombo, il lato negativo di questo dispositivo è la resistenza medio alta del Cr2O3 che è un semiconduttore di tipo P, e che limita la corrente in uscita dal dispositivo, non sono riuscito a trovare un composto elettricamente equivalente  a maggior conduttività per rimpiazzarlo.
Sotto foto delle 3 celle realizzate

   

Particolari costruttivi della cella 2, per le altre la disposizione è la stessa.

   

Le due lastrine che costituiscono gli elettrodi della pila, in questo caso grafite e Al sono contenuti dentro un busta di plastica chiusa per eliminare o per lo meno limitare l’evaporazione dell’acqua e tenuta pressata fra 2 lastre di vetro dalle 5 pinze (1).  In (2) la cella estratta dalla busta con i 2 elementi ancora attaccati

   

In (3) l’elettrodo di Al con la miscela Cr2O3.PVAc  e l’elettrodo in grafite con sopra la miscela di MnO2.PVAc,  in (4) altro particolare dell’elettrodo positivo.

   

Misura della tensione della  cella 1 esposta al sole

   

Misura della tensione della cella 2

Sotto grafico della tensione erogata dalla cella 3 in funzione della temperatura, la cella è sotto carico, con una resistenza da 22Kohm in serie

   

Sulla cella 3 a temperatura ambiente ho fatto anche una prova a lungo termine sempre con resistenza di carico da 22Kohm inserita

   

La cella 3 è rimasta attiva con carico attaccato per 15 gg con costante diminuzione della  tensione che alla fine si è ridotta  a 50 mV, probabilmente si è consumata parte dell’acqua contenuta nella struttura.

Strumenti usati per i test sulle celle:
 tester,  amplificatore ad elevata  impedenza d’ingresso, data logger, PC.  

Conclusioni
:  la cella funziona però la corrente fornita è piccola dell’ordine 0,5 µA /cm2:  una struttura con superficie attiva di 1 m2 fornirebbe una corrente di soli 5 mA. Questa pila mi ricorda un po’ gli elementi della pila Zamboni che usa l’umidità dell’aria per  funzionare.
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Claudio per questo post:
NaClO, quimico, fosgene, luigi_67, zodd01, MarcoA
Bel progetto!Sembra un peltier,ma al contrario.Si potrebbe fare una cosa simile con la peltier?
Saluti,
Riccardo
"L'importante è non smettere mai di farsi domande.La curiosità ha buoni motivi di esistere."
                                                                      -Albert Einstein-
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano NaClO per questo post:
Claudio
(2017-05-31, 06:32)NaClO Ha scritto: Bel progetto!Sembra un peltier,ma al contrario.Si potrebbe fare una cosa simile con la peltier?

Naturalmente si, la cella Peltier è reversibile e fornisce una tensione proporzionale al numero di elementi della cella con corrente tanto più elevata quanto più elevata è la differenza di temperatura fra i due lati della cella.
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Claudio per questo post:
NaClO
Ho provato a leggere il brevetto e alla fine ne ho ricavato un'impressione negativa.
Che il dispositivo generi energia elettrica e che questa aumenti con l'innalzarsi della temperatura non lo metto in dubbio.
Ma da qui a dire che l'ambaradan descritto converta direttamente il calore in elettricità ce ne passa.
Il lavoro che hai tirato su è da encomio, specie per l'impegno profuso.
Ma non dimostra alcunchè e sopratutto non va al nocciolo della questione.
Già il modificare gli "ingredienti" non era da farsi. Capisco che l'allotropo colorato del n° 15 non sia facilmente disponibile, ma non è una giustificazione.
Bene lo sperimentare alternative, ma così  facendo c'è il rischio di sconfinare in un altro effetto, chimico e fisico che sia.
Si potrebbe fare un test a mio parere parecchio interessante. 
Prepariamo l'accrocchio con cosa si vuole, poi misuriamo V e A su un carico resistivo di basso valore alla temperatura di 20 °C per almeno 1 ora di fila.
Ripetiamo il tutto a 100 °C, proprio come indicato nel brevetto.
Il giorno dopo riprendiamo le sperimentazioni, replicando quanto fatto, pari pari.
E così via per una settimana.
Analizziamo i risultati e rispondiamo alla seguente domanda: l'energia in W in uscita dal dispositivo è costante con il passare dei giorni?
Se la risposta è si allora la cosa si fa interessante. Servirà un supplemento di indagine.
Se invece i dati orienterebbero per il no, non buttiamo il tutto nel cestino. Smontiamo e osserviamo l'aspetto delle lamine. Ci sono segni di corrosione? Gli strati appaiono alterati rispetto a quelli nuovi? In caso di risposta affermativa è probabile che qualche reazione elettrochimica sia avvenuta. Con buona pace di quanto dichiarato nel brevetto.
Per inciso, una termocoppia supera brillantemente il test. Quello è certamente un dispositivo che converte il calore in elettroni che si muovono.

saluti
Mario

Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Mario per questo post:
NaClO, Claudio, quimico, luigi_67
Mario, ottima l'analisi del tutto, grazie.
Purtroppo posso già rispondere ad una delle tue domande la potenza emessa dal dispositivo sotto carico, a temperatura ambiente più o meno costante, diminuisce lentamente al passare dei giorni e dopo 15 gg eroga sul carico da 22Kohm 50mV con 2 µA,  una nullità.
Prima di smontare del tutto le lastre come tu consigli, per osservare come si presentano, pensavo di porre le lastre separate fra di loro per un certo tempo in un recipiente saturo di vapore per capire se riesco a ripristinare le loro capacità originali .
Saluti Claudio
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Claudio per questo post:
luigi_67, NaClO, experimentator
Scusa Claudio dovresti verificare se i due ossidi che hai aggiunto alle lastre hanno reagito tra di loro . 
In via del tutto teorica  la presenza degli ossidi non la vedo necessaria in quanto nella cella peltier per funzionare basta la presenza di due metalli a diversa elettronegatività , avere aggiunto due ossidi pone il problema di reazioni tra i due ossidi . Se i due ossidi reagiscono, come penso , non vedo l'utilità del sistema .
Le correnti della cella peltier  sono molto basse e si riesce a convertire solo il 3-5 % del calore fornito , bisogna inoltre mantenere i due lati dalla lastra  a differente T . 
In questo caso mi sembra che il calore invece si propaga in tutta la lastra . La presenza di acqua o di umidità non dovrebbe avere effetto alcuno e sarebbe deleteria per la durata della pila termica . 
Bisogna definire bene inoltre quale è il lato che bisogna esporre al calore o al sole per il massimo rendimento .

Ciao.
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano experimentator per questo post:
NaClO
(2017-06-08, 01:41)experimentator Ha scritto: Scusa Claudio dovresti verificare se i due ossidi che hai aggiunto alle lastre hanno reagito tra di loro . 
In via del tutto teorica  la presenza degli ossidi non la vedo necessaria in quanto nella cella peltier per funzionare basta la presenza di due metalli a diversa elettronegatività , avere aggiunto due ossidi pone il problema di reazioni tra i due ossidi . Se i due ossidi reagiscono, come penso , non vedo l'utilità del sistema .
Le correnti della cella peltier  sono molto basse e si riesce a convertire solo il 3-5 % del calore fornito , bisogna inoltre mantenere i due lati dalla lastra  a differente T . 
In questo caso mi sembra che il calore invece si propaga in tutta la lastra . La presenza di acqua o di umidità non dovrebbe avere effetto alcuno e sarebbe deleteria per la durata della pila termica . 
Bisogna definire bene inoltre quale è il lato che bisogna esporre al calore o al sole per il massimo rendimento .

Ciao.
Questo esperimento è ancora in svolgimento e sono risultate alcune cose curiose che posterò qui in seguito una volta ultimato tutto.

Segni che i 2 ossidi  in qualche modo hanno reagito fra di loro ci sono pos. (3) nella foto che ho postato, sulla lastra di MnO2 a contatto con quella di Cr2Osi vedono chiaramente degli aloni violacei.

Nella cella ho usato i 2 ossidi perchè volevo replicare  la patent US6103054 e vedere se effettivamente era in grado di convertire il calore ambiente in elettricità, la conclusione a cui sono  arrivato e che il titolare della patent ha preso un bell'abbaglio, il dispositivo è solo una pila molto particolare, nessuna conversione del calore in elettricità.


Il lato più conveniente da esporre al sole è naturalmente quello a massimo assorbimento, il nero (grafite)
Saluti Claudio
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Claudio per questo post:
NaClO, experimentator
Bene facci sapere gli sviluppi della pila , anche io mi sto occupando di una pila daniell ricaricabile .
Nel tuo caso una sorta di pila non ricaricabile in cui uno dei due ossidi prevale ossidando l'altro , ma mi sembra che siano sullo stesso ordine di grandezza per quando riguarda i potenziali di ossidoriduzione .
Un altro accenno la colla vinilica una volta seccata non mi risulta che sia conduttiva in base ad esperimenti fatti in precedenza, per cui l'avevo scartata , nel tuo caso come si comporta , forse la miscela con ossidi la rende conduttiva ?

Ciao.
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano experimentator per questo post:
Claudio, NaClO
Infatti la colla vinilica in se non conduce proprio, ma mescolata nelle opportune proporzioni con ossidi conduttivi acquista una sua conduttività caratteristica che dipende dagli ossidi, per esempio con PbO2 si ottiene un miscuglio con ottima conduttività (paragonabile a quella della grafite) anche quando è secco; invece con Cr2O3 la conduttività è bassa, aumenta quando la miscela è umida. La resistenza elettrica di 1 cm^2 di lamina di Cr2O3-colla vinilica dello spessore di 0,5 mm è intorno a 1 Mohm (resistenza misurata fra le 2 facce).
Per questi usi sarebbe meglio usare il polivinilpirrolidone polimero che offre una conduttività più elevata
Ciao
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano Claudio per questo post:
Mario, NaClO, experimentator
Questo tipo  di pila che hai fatto tu mi ricorda tipo una pila alluminio -aria , poichè hai messo un foglio di Al da un lato e della grafite dall'altro lato . 
Il fatto che hai utilizzato due ossidi a contatto con colla vinilica della stesso pot. ossidoriducente ha poca importanza . 
Al si ossiderebbe comunque nella faccia di contatto . 
Devi provare comunque se in qualche modo può essere ricaricata . 
Io ho ricaricato con un caricabatterie per cellulare da 4.8 V 0.500 A  , tre celle messe in serie  .

Hai provato la carbossimeticellulosa ? Mi diceva un altro utente che è conduttiva .
Cita messaggio
[-] I seguenti utenti ringraziano experimentator per questo post:
NaClO




Utenti che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)