spettrofotometria - chiarimento

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MicheleMar

2020-12-02 08:26

Buongiorno, avrei da chiarire un dubbio riguardo l'interferenza della banda ottica passante. Questa aumenta in quali casi? grazie.

Geber

2020-12-02 10:35

Una banda passante stretta assicura che la radiazione in uscita dal monocromatore sia molto monocromatica, ma di modesta intensità, per cui diventa difficile, per il rivelatore, discriminare fra il segnale vero e proprio e la corrente di fondo. Una banda larga, invece, consente

l’invio di maggiore energia al rivelatore, ma il fascio di radiazioni è meno monocromatico. Di conseguenza si corre il rischio di registrare uno spettro poco accurato.

Quindi, se lo spettro della sostanza in esame è caratterizzato da picchi molto stretti, si deve usare una banda passante molto stretta per ottenere picchi accurati e ben risolti. Se invece i picchi sono allargati, una banda passante larga non compromette l’accuratezza della misura e la risoluzione.

Il criterio empirico per stabilire il valore ottimale della banda passante per un determinato picco è il seguente: si registra il picco con un valore medio di ampiezza della banda passante (per esempio 1 nm) e si divide per 10 l’ampiezza calcolata a metà altezza. Nel caso di uno spettrofotometro a serie di diodi la qualità dello spettro dipende dal numero di diodi. Se il DAD possiede 1000 diodi e il campo spettrale va da 200 a 1000 nm, lo spettro registrato avrà un «passo» fisso (ovvero una risoluzione) da 0,8 nm.

I fotoni non arrivano al rivelatore con un flusso continuo e regolare, ma in modo casuale e disordinato; perciò il segnale elettrico in uscita è fluttuante. Le componenti ad alta frequenza di questa variabilità possono essere filtrate, ovvero attenuate, mediante circuiti di smoothing inseriti nel sistema elettrico di rivelazione; quelle a bassa frequenza, invece, non possono essere distinte con sicurezza dal segnale vero e proprio e quindi appaiono come disturbo sul display o al sistema di gestione dei dati. Il disturbo dipende anche dalla natura quantica della luce e dal tipo di elemento fotosensibile presente nel rivelatore. Se l’intensità della radiazione è bassa, solo pochi fotoni raggiungono il rivelatore e le fluttuazioni sono più ampie. Inoltre, ogni rivelatore ha una regione ottimale di utilizzo, in cui presenta la massima sensibilità; al di fuori di questo intervallo il segnale risulta più instabile. Nel caso di un fotomoltiplicatore, un metodo per diminuire il disturbo (N) è quello di aumentare il tempo di risposta (o costante di tempo, t) del rivelatore; infatti:

N = √1/t

Quindi, in pratica, si lascia al rivelatore un tempo più lungo per stabilizzare il segnale, prima di comunicarlo al sistema di elaborazione. Tuttavia, se il segnale viene smorzato troppo e la velocità di scansione non viene diminuita di conseguenza, si verifica un eccessivo ritardo fra il sistema di lettura e il sistema di elaborazione (un PC o un semplice registratore) e quindi si osserva una distorsione dello spettro con perdita di risoluzione, spostamento di picchi e diminuzione dei valori di assorbanza.

Per ottimizzare il rapporto fra questi parametri, gli strumenti sono dotati di:

• un sistema automatico di amplificazione del guadagno del rivelatore;

• un sistema automatico di controllo dell’ampiezza della fenditura (programmazione delle fenditure).

Nel primo caso, quando il raggio in arrivo al rivelatore è poco intenso, viene aumentata la tensione ai dinodi del fotomoltiplicatore, per mantenere alto il livello del segnale. In questo modo, però, aumenta il disturbo e ciò limita la possibilità di ridurre a piacere la fenditura. Nel secondo caso, invece, viene allargata la banda passante del monocromatore per aumentare l’energia in arrivo al rivelatore, ma in questo modo si ha perdita di risoluzione.

I seguenti utenti ringraziano Geber per questo messaggio: MicheleMar, luigi_67

Teor.Ema

2020-12-02 10:37

Buongiorno, In caso di grandi ampiezze di banda passante, dopo il monocromatore il campione genericamente ha assorbanza minore... Questo perchè se il permanganato, ad esempio, ha il picco di massima assorbanza a 528nm e io lo faccio colpire da una banda di frequenze tra 515 e 540 l'assorbanza media viene abbassata dallo scarso assorbimento alle altre frequenze, un banda stretta invece riduce questa problematica degli strumenti. Strumenti più moderni sfruttano policromatori e sensori diversi (DAD) che evitano il problema. Questo esempio non è esattamente il più reale ma è per intendersi. I filtri hanno un'ampiezza piuttosto larga, mentre prismi e reticoli sono più precisi (sempre in generale). L'errore si può ridurre in vari modi, ma spesso è solo un limite imposto dallo spettrofotometro. Penso tu ti riferissi a questo, in caso contrario cerco di chiarire gli altri dubbi.

I seguenti utenti ringraziano Teor.Ema per questo messaggio: MicheleMar, luigi_67

MicheleMar

2020-12-02 11:10

Teor.Ema ha scritto:

Buongiorno,

In caso di grandi ampiezze di banda passante, dopo il monocromatore il campione genericamente ha assorbanza minore...

Questo perchè se il permanganato, ad esempio, ha il picco di massima assorbanza a 528nm e io lo faccio colpire da una banda di frequenze tra 515 e 540 l'assorbanza media viene abbassata dallo scarso assorbimento alle altre frequenze, un banda stretta invece riduce questa problematica degli strumenti. Strumenti più moderni sfruttano policromatori e sensori diversi (DAD) che evitano il problema.

Questo esempio non è esattamente il più reale ma è per intendersi.

I filtri hanno un'ampiezza piuttosto larga, mentre prismi e reticoli sono più precisi (sempre in generale). L'errore si può ridurre in vari modi, ma spesso è solo un limite imposto dallo spettrofotometro.

Penso tu ti riferissi a questo, in caso contrario cerco di chiarire gli altri dubbi.

Si, ti ringrazio, in parte mi hai risposto. Nello specifico però non mi è chiaro come mai all'aumentare della concentrazione della soluzione l'interferenza della banda passante è maggiore.