Separazione di enantiomeri: risoluzione di un racemo

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Geber

2021-04-09 16:56

Le reazioni condotte con reagenti achirali possono spesso condurre a prodotti chirali. In assenza di qualsiasi influenza chirale da parte di un catalizzatore, reagente, o solvente, l'esito di una tale reazione è una miscela racemica. In altre parole, il prodotto chirale è ottenuto come miscela 50:50 di enantiomeri.

Un esempio è la sintesi del 2-butanolo tramite idrogenazione nichel-catalizzata del butanone. In questa reazione la molecola di idrogeno si addiziona lungo il doppio legame carbonio–ossigeno in una maniera simile a quella con cui si addiziona al doppio legame carbonio–carbonio.

L'immagine sotto illustra gli aspetti stereochimici di questa reazione. Poiché il butanone è achirale, non esiste differenza nella presentazione di entrambe le facce delle molecola verso la superficie del catalizzatore metallico. Le due facce del gruppo carbonile trigonale planare interagiscono con la superficie metallica con eguale probabilità. Il trasferimento degli atomi di idrogeno dal metallo al gruppo carbonile produce un centro di chiralità al carbonio 2. Dato che non c'è stata alcuna influenza chirale nel cammino di reazione, il prodotto è ottenuto come miscela racemica dei due enantiomeri, R-(–)-2-butanolo e S-(+)-2-butanolo.

Vedremo che quando le reazioni come questa vengono condotte in presenza di una influenza chirale, come un enzima o un catalizzatore chirale, il risultato non è di solito una miscela racemica.

Le reazioni stereoselettive sono reazioni che portano una formazione preferenziali di uno stereoisomero rispetto ad altri stereoisomeri che potrebbero essere formati probabilmente.

* Se una reazione produce preferenzialmente un enantiomero rispetto alla sua immagine speculare, la reazione è detta essere una reazione enantioselettiva.

* Se una reazione porta preferenziamenete ad un diastereoisomero rispetto ad altri che sono possibili, la reazione è detta essere una reazione diastereoselettiva.

Affinché una reazione sia o enantioselettiva o diastereoselettiva, un reagente chirale, un catalizzatore chirale, o un solvente chirale deve esercitare una influenza sul corso della reazione.

In Natura, dove la maggior parte delle reazioni sono stereoselettive, le influenze chirali vengono da molecole proteiche chiamate enzimi. Gli enzimi sono catalizzatori biologici di straordinaria efficienza. Non solo essi possiedono l'abilità di far avvenire reazioni che avvengono molto più rapidamente rispetto a quanto farebbero altrimenti, essi hanno anche l'abilità di esercitare una drammatica influenza chirale su una reazione. Gli enzimi fanno questo perché anche essi sono chirali, e possiedono un sito attivo dove le molecole reagenti sono momentaneamente legate mentre la reazione avviene. Il sito attivo è chirale (figura sotto), e solo un enantiomero di un reagente chirale si incastra in modo adatto ed è in grado di subire la reazione.

Molti enzimi hanno trovato uso nel laboratorio di chimica organica, dove i chimici organici approfittano delle loro proprietà per condurre reazioni stereoselettive. Uno di questi è un enzima chiamato lipasi. La lipasi catalizza una reazione chiamata idrolisi, in cui un estere reagisce con una molecole di acqua per produrre un acido carbossilico ed un alcole.

Se l'estere di partenze è chirale ed è presente come una miscela dei suoi enantiomeri, l'enzima lipasi reagisce selettivamente con un enantiomero rilasciando il corrispondente acido carbossilico chirale ed un alcole, mentre l'altro estere enantiomero rimane intatto o reagisce molto più lentamente. Il risultato è una miscela che consiste in maniera predominante di uno stereoisomero del reagente ed uno stereoisomero del prodotto, che può di solito essere facilmente separata sulla base delle loro diverse proprietà fisiche. Un tale processo è chiamato risoluzione cinetica, dove la velocità di una reazione con un enantiomero è diversa da quella con l'altro, conducendo ad una preponderanza di uno prodotto stereoisomero. La seguente idrolisi è un esempio di risoluzione cinetica usando la lipasi:

Come vengono separati gli enantiomeri? Gli enantiomeri sono molecole che hanno solubilità identiche nei solventi ordinari, e hanno identici punti di ebollizione. Di conseguenza, i metodi convenzionali per separare i composti organici, come la cristallizzazione e la distillazione, falliscono quando applicati ad una forma racemica.

Fu, infatti, la separazione fatta da Louis Pasteur di una forma racemica di un sale di acido tartarico nel 1848 che condusse alla scoperta del fenomeno chiamato enantiomerismo. Pasteur, di conseguenza, viene spesso considerato essere il padre del campo della stereochimica.

L'acido (+)-tartarico è uno dei sottoprodotti della produzione del vino (la Natura di solito sintetizza un enantiomero di una molecola chirale). Pasteur aveva ottenuto un campione di acido tartarico racemico dal proprietario di un impianto chimico. Nel corso della sua indagine Pasteur inizio ad esaminare la struttura cristallina del sale di sodio e ammonio dell'acido tartarico racemico. Egli notò che due tipi di cristalli erano presenti. Uno era identico ai cristalli del sale di sodio e ammonio dell'acido (+)-tartarico che era stato scoperto in precedenza ed era stato dimostrato essere destrogiro. I cristalli dell'altro tipo erano immagini speculari non sovrapponibili del primo tipo. I due tipi di cristalli erano quindi chirali. Usando delle pinzette ed una lente di ingrandimento, Pasteur separò i due tipi di cristalli, li sciolse in acqua, e pose le soluzioni in un polarimetro. La soluzione dei cristalli del primo tipo era destrogira, e i cristalli stessi si dimostrarono essere identici al sale di sodio e ammonio dell'acido (+)-tartarico che era già noto. La soluzione dei cristalli del secondo tipo erano levogiri; essa ruotava la luce del piano polarizzato nella direzione opposta e con la medesima intensità. I cristalli del secondo tipo erano del sale di sodio e ammonio dell'acido ()-tartarico. La chiralità dei cristalli stessi scomparve, naturalmente, quando i cristalli furono dissolti nelle loro soluzioni, ma l'attività ottica rimase. Pasteur motivò, quindi, la cosa affermando che le molecole stesse dovevano essere chirali.

La scoperta di Pasteur dell'enantiomerismo e la sua dimostrazione che l'attività ottica delle due forme di acido tartarico era una proprietà delle molecole stesse condusse, nel 1874, alla proposta della struttura tetraedrica del carbonio da parte di van’t Hoff e Le Bel.

Sfortunatamente, pochi composti organici davano cristalli chirali come facevano i sali dell'acido (+)- e ()-tartarico. Pochi composti organici cristallizzavano in sali separati (contenenti enantiomeri separati) che sono visibilmente chirali come i cristalli del sale di sodio e ammonio dell'acido tartarico. Il metodo di Pasteur, quindi, non è generalmente applicabile alla separazione di enantiomeri.

Metodi moderni di risoluzione di enantiomeri

Una delle più utili procedure per la separazione di enantiomeri è basata sulla seguente affermazione:

Quando una miscela racemica reagisce con un singolo enantiomeri di un altro composto, si forma un miscela di diastereoisomeri, e i diastereoisomeri, poiché possiedono diversi punti di fusione, punti di ebollizione, e solubilità, possono essere separati tramite mezzi convenzionali.

La ricristallizzazione diastereomerica è una di tali processi. Un altro metodo è la risoluzione con enzimi, per cui un enzima converte selettivamente un enantiomero in una miscela racemica in un altro composto, e dopo ciò l'enantiomero non reagito ed il nuovo composto sono separati. Una reazione che usa l'enzima lipasi per idrolizzare selettivamente un estere è un esempio di questo tipo di risoluzione. La cromatografia che impiega mezzi chirali è anch'essa largamente usata per risolvere gli enantiomeri. Questo approccio è applicato nella cromatografia liquida ad alte prestazione (HPLC) così come in altre forme di cromatografia. Le interazioni diastereomeriche tra le molecole della miscela racemica ed il mezzo chirale cromatografico fa in modo che gli enantiomeri del racemato si muovano attraverso l'apparato cromatografico a differenti velocità. Gli enantiomeri sono quindi raccolti separatamente quando eluiscono dall'apparato cromatografico.

Qualsiasi atomo tetraedrico con quattro gruppi diversi attaccati ad esso è un centro chirale. Oltre al carbonio, anche silicio e germanio (sono nello stesso gruppo delle tavola periodica del carbonio) formano composti tetraedrici come fa il carbonio. Quando quattro gruppi diversi sono situati attorno all'atomo centrale in composti di silicio, germanio, ed azoto, le molecole sono chirali e gli enantiomeri possono, in principio, essere separati. I sulfossidi, come diversi altri esempi di gruppi funzionali dove uno dei quattro gruppi è una coppia elettronica non legante, sono anch'essi chirali. Questo non è il caso delle ammine, comunque.

Una molecola è chirale se non è sovrapponibili alla sua immagine speculare. La presenza di un atomo tetraedrico con quattro gruppi differenti è solo un tipo di centro chirale, comunque. Mentre la maggior parte delle molecole chirali che potrete incontrare hanno centri chirali, ci sono altri attributi strutturali che possono conferire chiralità ad una molecola. Per esempio, esistono composti che hanno barriere rotazionali così elevate tra i conformeri (isomeri conformazionali) che possono essere separati e purificati isomeri conformazionali individuali, ed alcuni di questi isomeri conformazionali sono stereoisomeri.

Gli isomeri conformazionali che sono composti stabili, isolabili sono chiamati atropoisomeri.

L'esistenza di atropoisomeri chirali è stata sfruttata con grande effetto nello sviluppo di catalizzatori chirali per reazioni stereoselettive. Un esempio è il BINAP, mostrato sotto nelle sue forma enantiomeriche.

L'origine della chiralità nel BINAP è la ristretta rotazione nei confronti del legame tra i due anelli naftalenici quasi perpendicolari. Questa barriera torsionale porta a due conformeri enantiomerici risolvibili, S- e R-BINAP. Quando ogni enantiomeri è usato come ligando per metalli come rutenio e rodio (legati attraverso le coppie elettroniche non condivise sugli atomi di fosforo), si formano complessi chirali organometallici che sono in grado di catalizzare idrogenazioni stereoselettive ed altre importanti reazioni industriali. L'importanza dei ligandi chirali è evidenziata dal fatto che l'industria sintetizza ogni anno circa 3500 ton di ()-mentolo usando una reazione di isomerizzazione che coinvolge un catalizzatore a base di rodio S-BINAP.

Anche gli alleni sono composti che esibiscono stereoisomerismo. Gli alleni sono molecole che contengono la seguente sequenza di doppi legami.

I piani dei legami π degli alleni sono perpendicolari l'uno all'altro.

Questa geometria dei legami π fa in modo che i gruppi attaccati agli atomi di carbonio terminali giacciano in piani perpendicolari, e, a causa di ciò, gli alleni sono sostituenti differenti sugli atomi di carbonio terminali sono chirali. (Gli alleni non mostrano isomerismo cis–trans.)

LA POTENZIALE ORIGINE DELLA CHIRALITÀ

Nel 1952 fu fatto un esperimento rivoluzionario da due chimici alla University of Chicago, Harold Urey e Stanley Miller, i quali dimostrarono come molti degli amminoacidi trovati negli esseri viventi fossero stati prodotti in condizioni semplici, simili a quelle delle Terra primordiale usando semplici composti chimici. Quello che non viene menzionato, comunque, fu la prova che questi amminoacidi erano stati sintetizzati durante l'esperimento e che non erano il prodotto di qualche contaminante all'interno dell'apparato stesso. La prova di Urey e Miler fu che tutti gli amminoacidi erano stati prodotti come racemati. Come accennato prima, qualsiasi amminoacido prodotto da una forma vitale sulla Terra esiste come singolo enantiomero. La questione ancora da risolvere, quindi, è perché le molecole della vita (come gli amminoacidi) esistono come singoli enantiomeri? In altre parole, quale è l'origine della chiralità sul nostro pianeta? Le potenziali risposte a questa domanda sono di origine più recente, anche se è una domanda che ha interessato gli scienziati per oltre un secolo.

Nel 1969, un grande meteorite cadde vicino alla città di Murchison, Australia. L'analisi chimica delle sue molecole organiche mostrò che conteneva più di 100 amminoacidi, incluse dozzine di amminoacidi non noti sulla Terra. Alcuni degli amminoacidi possedevano eccessi enantiomerici (e.e.) fino ad un massimo del 2–15%, tutti in favore degli L-amminoacidi, gli stessi enantiomeri ritrovati in tutte le forma di vita della Terra. Un attento lavoro analitico dimostrò che l'attività ottica non era il risultato di qualche contaminante che si trovava sulla Terra.

Gli esperimenti dei decenni passati hanno mostrato che con la sola piccola quantità di eccesso enantiomerico che questi amminoacidi possediedono, su alcuni di essi, come i due mostrati sotto che hanno un centro chirale completamente sostituito e non possono racemizzare, si possa effettuare una risoluzione degli amminoacidi racemici tramite processi relativamente semplici come la cristallizzazione. Questi eventi lasciano dietro soluzioni acquose di L-amminoacidi in elevato eccesso enantiomerico. Inoltre, una volta che queste soluzioni di L-amminoacidi chirali vengono generate, esse possono catalizzare la sintesi enantio-controllata di D-carboidrati, che è anche quello che tutti noi possediamo. Come tale, è ipotizzabile che l'origine della chiralità possa anche derivata dallo spazio profondo.

Ma che cosa ha generato l'iniziale eccesso enantiomerico? Nessuno è abbastanza sicuro, ma alcuni scienziati ipotizzano che la radiazione elettromagnetica emessa a mo' di cavatappi emessa dai poli di stelle neutroniche rotanti potrebbe portare alla polarizzazione di un isomero immagine speculare rispetto ad un altro quando quelle molecole vengono formate nello spazio interstellare. Se fosse vero, allora sarebbe possibile che dall'altro lato della galassia esista un mondo che l'opposto chirale della Terra, dove ci sono forme di vita con D-amminoacidi e L-carboidrati. Ronald Breslow della Columbia University, un ricercatore principale in questa area di studio, ha parlato di una tale possibilità: “Dato che tali forme di vita potrebbero anche essere versioni avanzate dei dinosauri, assumendo che i mammiferi non abbiano la grande fortuna di aver i dinosauri spazzati via da una collisione di un asteroide come sulla Terra, forse è meglio non scoprirlo.”

Breslow, R. “The origin of homochirality in amino acids and sugars on prebiotic earth” Tetrahedron Lett. 2011, 52, 2028–2032 e riferimenti all'interno dell'articolo.

Un campione di una sostanza otticamente attiva che consiste in un singolo enantiomero è detto essere enantiomericamente puro o possedere un eccesso enantiomerico del 100%. Un campione enantiomericamente puro di S-(+)-2-butanolo, ad esempio, mostra una rotazione specifica di +13.52 ([α]25D = +13.52).

Dall'altra parte, un campione di S-(+)-2-butanolo che contiene meno rispetto ad una quantità equimolare di R-()-2-butanolo mostrerà una rotazione specifica che sarà meno di +13.52 ma maggiore di zero. Un tale campione è detto avere un eccesso enantiomerico minore del 100%.

L'eccesso enantiomerico (ee), anche noto come purezza ottica, è definito nel modo seguente:

% eccesso enantiomerico = (moli di un enantiomero - moli dell'altro enantiomero)/moli totali di entrambi gli enantiomeri * 100

L'eccesso enantiomerico può essere calcolato dalle rotazioni ottiche:

% eccesso enantiomerico* = (rotazione specifica osservata/rotazione specifica dell'enantiomero puro) * 100

* Questo calcolo dovrebbe essere applicato ad un singolo enantiomero o alle miscele dei soli enantiomeri. Non dovrebbe essere applicata alle miscele in cui è presente parte dell'altro composto.

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Geber

2021-04-09 19:48

Le molecole degli enantiomeri non sono sovrapponibili e, su questa sola base, si è concluso che gli enantiomeri sono composti differenti. In che sono differenti? Gli enantiomeri assomigliano agli isomeri costituzionali e ai diastereoisomeri nell'avere diversi punti di fusione ed ebollizione? La risposta è NO.

Gli enantiomeri hanno identici punti di fusione e di ebollizione.

Gli enantiomeri puri hanno diversi indici di rifrazione, differenti solubilità nei comuni solventi, diversi spettri IR, e diverse velocità di reazione con reagenti achirali? La risposta ad ognuna di queste domande è ancora NO.

Molte di queste proprietà (ad esempio, punti di ebollizione, punti di fusione, e solubilità) sono dipendenti dalla intensità delle forze intermolecolari operanti tra le molecole, e per molecole che sono immagini speculari l'una dell'altra queste forze saranno identiche.

Miscele di enantiomeri di un composto hanno differenti proprietà rispetto ai campioni puri di ognuno, comunque.

Consideriamo l'acido tartarico. L'isomero naturale, l'acido (+)-tartarico, ha un punto di fusione di 168–170 °C, così come il suo enantiomero non naturale, l'acido ()-tartarico. Una eguale miscela degli enantiomeri dell'acido tartarico, l'acido (+/)-tartarico, ha un punto di fusione di 210–212 °C, comunque.

* Gli enantiomeri mostrano differente comportamento solo quando interagiscono con altre sostanze chirali, incluso il loro proprio enantiomero.

Questo è evidente nei dati dei punti di fusione di cui sopra. Gli enantiomeri mostrano anche differenti velocitò di reazione nei confronti di altre molecole chirali—cioè, nei confronti di reagenti che consistono di un singolo enantiomero o un eccesso di un singolo enantiomero. E, gli enantiomeri mostra differenti solubilità nei solventi che consistono di un singolo enantiomero o un eccesso di un singolo enantiomero.

Una via facilmente osservabile in cui gli enantiomeri differiscono nel loro comportamento è nei confronti della luce piano-polarizzata.

* Quando un raggio di luce piano-polarizzata passa attraverso un enantiomero, il piano della polarizzazione ruota.

* Gli enantiomeri separati ruotano il piano della luce piano-polarizzata con eguale intensità ma in direzioni opposte.

* Gli enantiomeri separati sono detti essere composti otticamente attivi. A causa del loro effetto sulla luce piano-polarizzata.

Al fine di capire questo comportamento degli enantiomeri, è necessario capire la natura della luce piano-polarizzata. È anche necessario capire come uno strumento noto come polarimetro funziona.

La luce è un fenomeno elettromagnetico. Un raggio di luce consiste di due campi oscillanti mutualmente perpendicolari: un campo elettrico oscillante ed un campo magnetico oscillante.

Se vedessimo un fascio di luce ordinaria da un'estremità, e se potessimo vedere i piani in cui si verificano le oscillazioni elettriche, troveremmo che le oscillazioni del campo elettrico starebbero accadendo in tutti i piani possibili perpendicolari al senso di propagazione. (Lo stesso sarebbe vero per il campo magnetico.)

Quando della luce ordinaria è fatta passare attraverso un polarizzatore, il polarizzatore interagisce con il campo elettrico così che la luce che emerge dal polarizzatore (ed il campo magnetico perpendicolare ad esso) è oscillante solo in un piano. Tale luce è chiamata luce piano-polarizzata (Fig. 5.11a). Se il raggio piano-polarizzato incontra un filtro con polarizzazione perpendicolare, la luce viene bloccata (Fig. 5.11b). Questo fenomeno può essere facilmente dimostrato con le lenti di un paio di occhiali polarizzati o un foglio di film polarizzato (Fig. 5.11c).

Il dispositivo che è usato per misurare l'effetto dei composti otticamente attivi sulla luce piano-polarizzata è un polarimetro.

Uno schema di un polarimetro è mostrato nella figura sotto. Le principali parti funzionanti di un polarimetro sono (1) una sorgente di luce (di solito una lampada ai vapori di sodio), (2) un polarizzatore, (3) una cella per contenere la sostanza otticamente attiva (o una soluzione) nel raggio luminoso, (4) un analizzatore, e (5) una scala per la misurazione dell'angolo (in gradi) che il piano della luce polarizzata ha ruotato.

L'analizzatore di un polarimetro (figura sotto) è niente di più di un altro polarizzatore. Se la cella del polarimetro è vuota o se una sostanza otticamente non attiva è presente, gli assi della luce piano-polarizzata e l'analizzatore saranno esattamente paralleli quando lo strumento legge 0°, e l'osservatore rileverà la massima quantità di luce passante attraverso. Se, al contrario, la cella contiene una sostanza otticamente attiva, una soluzione di un enantiomero, per esempio, il piano di polarizzazione delle luce sarà ruotato quando passa attraverso la cella. Al fine di rilevare la massima luminosità della luce, l'osservatore dovrà ruotare l'asse dell'analizzatore o in direzione oraria o in direzione antioraria. Se l'analizzatore è ruotato in direzione oraria, la rotazione, α (misurata in gradi), è detta essere positiva (+). Se la rotazione è in senso antiorario, la rotazione è detta essere negativa (–).

Una sostanza che ruota la luce piano-polarizzata in direzione oraria è anche detta essere destrogira, ed una che ruota la luce piano-polarizzata in direzione antiorario è detta essere levogira (Latino: dexter, destro, e laevus, sinistro).

*  Il numero dei gradi che il piano di polarizzazione viene ruotato quando la luce passa attraverso una soluzione di un enantiomero dipende dal numero di molecole chirali che essa incontra.

Per normalizzare i dati di rotazione ottica relativi a variabili sperimentali come la lunghezza del tubo e la concentrazione dell'enantiomero, i chimici calcolato una quantità nota come rotazione specifica, [α], attraverso la seguente equazione:

[α] = α/(c*l)

dove [α] = la rotazione specifica, α = la rotazione osservata, c = la concentrazione della soluzione in grammi per millilitro di soluzione (o la densità in g/mL per liquidi puri) ed l = la lunghezza della cella in decimetri (1 dm = 10 cm).

La rotazione specifica dipende anche dalla temperatura e dalla lunghezza d'onda delle luce che è impiegata. Le rotazioni specifiche sono riportate così che incorporino anche queste quantità.

Una rotazione specifica potrebbe essere fornita come segue:

[α]D25 = +3.12

Questo significa che è stata usata la linea D di una lampada ai vapori di sodio (λ = 589.6 nm) per la luce, che una temperatura di 25 °C è stata mantenuta, e che un campione contenente 1.00 g/mL della sostanza otticamente attiva, in un tubo da 1 dm, ha prodotto una rotazione di 3.128° in un direzione oraria.*

*L'intensità della rotazione è dipendente dal solvente usato quando sono misurate delle soluzioni. Questa è la ragione per cui il solvente viene specificato quando una rotazione viene riportata in letteratura chimica.

* La direzione della luce piano-polarizzata è spesso incorporata nel nome dei composti otticamente attivi.

* Non esiste alcuna correlazione ovvia tra le configurazioni R ed S degli enantiomeri e la direzione [(+) o ()] in cui essi ruotano la luce piano-polarizzata.

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Geber

2021-04-10 10:37

L'attività ottica viene misurata tramite il grado di rotazione della luce piano-polarizzata passante attraverso un mezzo chirale. La spiegazione teorica per l'origine dell'attività ottica necessita la considerazione della luce circolarmente-polarizzata, comunque, e la sua interazione con le molecole chirali. Mentre non è possibile fornire un spiegazione teorica completa per l'origine dell'attività ottica qui, basterà la seguente spiegazione. Un raggio di luce piano-polarizzata (Fig. 5.13a) può essere descritto in termini di luce circolarmente-polarizzata. Un raggio di luce circolarmente-polarizzata che ruota in una direzione è mostrato nella Fig. 5.13b. Il vettore somma di due raggi che ruotano in direzioni contrarie in fase circolarmente-polarizzata è un raggio di luce piano-polarizzata (Fig. 5.13c). L'attività ottica delle molecole chirali deriva dal fatto che i due raggi che ruotano in direzioni contrarie circolarmente-polarizzati viaggiano a velocità diverse attraverso il mezzo chirale. Dato che la differenza tra i due raggi circolarmente-polarizzati si propaga nel campione, il loro vettore somma descrive un piano che viene ruotato progressivamente (Fig. 5.13d). Che cosa si misura quando la luce emerge dal campione è la rotazione netta della luce piano-polarizzata causata dalle differenze in velocità dei componenti del raggio circolarmente-polarizzato. L'origine delle differenti velocità deve infine aver a che fare con le interazioni tra gli elettroni della molecola chirale e la luce.

Le molecole achirali in soluzione non causano differenza in velocitò dei due raggi circolarmente-polarizzati; quindi non c'è rotazione del piano della luce polarizzata descritta dal loro vettore somma. Le molecole achirali orientate casualmente, quindi, non sono otticamente attive. (Comunque, le molecole achirali orientate e i cristalli che hanno specifiche caratteristiche di simmetria possono ruotare la luce piano-polarizzata.)

Un campione formato esclusivamente o predominantemente da un enantiomeri causa una netta rotazione della luce piano-polarizzata. La figura 5.14a illustra un piano di luce polarizzata quando incontra una molecola di R-2-butanolo, la quale causa la rotazione del piano di polarizzazione leggermente in una direzione. (Limiterò qui la descrizione della luce polarizzata al piano risultante, trascurando la considerazione dei componenti circolarmente-polarizzati del piano da cui deriva la luce piano-polarizzata.) Ogni addizionale molecola di R-2-butanolo che il raggio incontra causerebbe una ulteriore rotazione nella stessa direzione. Se, invece, la miscela contenesse molecole di S-2-butanolo, ogni molecola di quell'enantiomero causerebbe la rotazione del piano di polarizzazione nella direzione opposta (Fig. 5.14b). Se gli enantiomeri R ed S fossero presenti in eguale quantità, non ci sarebbe alcuna netta rotazione del piano della luce polarizzata.

* Una miscela equimolare dei due enantiomeri è chiamata miscela racemica (o racemato o forma racemica). Una miscela racemica non causa una netta rotazione della luce piano-polarizzata.

In una miscela racemica l'effetto di ogni molecola di un enantiomero sulla luce circolarmente-polarizzata cancella l'effetto delle molecole dell'altro enantiomero, producendo nessuna attività ottica netta.

La forma racemica di un campione è spesso designata con questo simbolo (±). Una miscela racemica di R-()-2-butanolo ed S-(+)-2-butanolo potrebbe essere indicata come (±)-2-butanolo o (±)-CH3CH2CHOHCH3.

La U.S. Food and Drug Administration e l'industria farmaceutica sono molto interessati alla produzione di farmaci chirali—ovvero, farmaci che contengono un singolo enantiomero piuttosto che un racemato. Il farmaco antiipertensivo metildopa (Aldomet), per esempio, deve il suo effetto esclusivamente all'isomero S. Nel caso della penicillamina, l'isomero S è un estremamente potente agente terapeutico per l'artrite primaria cronica, mentre l'isomero R non ha azione terapeutica ed è estremamente tossico. L'agente anti-inflammatorio ibuprofene (Advil, Motrin, Nuprin) è venduto come racemato sebbene solo l'enantiomero S sia l'agente attivo. L'isomero R non ha azione anti-infiammatoria e viene lentamente convertito nell'isomero S nel corpo. Una formulazione di ibuprofene basata solamente sull'isomero S, comunque, sarebbe molto efficace piuttosto che il racemato.

Ci sono molti altri esempi di farmaci di questo tiipo, tra cui i farmaci dove gli enantiomeri hanno distinti e diversi effetti. La preparazione di farmaci enantiomericamente puri, quindi, è un fattore che rende la sintesi stereoselettiva e la risoluzione di farmaci racemici le aree di maggiore ricerca oggi.

A sottolineare l'importanza della sintesi stereoselettiva è il fatto che il Premio Nobel per la Chimica nel 2001 fu dato ai ricercatori che svilupparono i catalizzatori chimici che ora sono diffusamente usati nell'industria e nell'università. William Knowles (Monsanto Company,

defunto nel 2012) e Ryoji Noyori (Nagoya University) furono premiati con metà del premio per il loro sviluppo di reagenti usati per le reazioni di idrogenazione catalitica stereoselettive. L'altra metà del premio fu consegnata a Barry Sharpless (Scripps Research Institute) per lo sviluppo di reazioni di ossidazione catalitica stereoselettive. Un esempio importante risultante dal lavoro di Noyori e basta sul precedente lavoro di Knowles è la sintesi dell'agente anti-infiammatorio naprossene, usando una reazione di idrogenazione catalitica stereoselettiva:

Il catalizzatore dell'idrogenazione in questa reazione è un complesso organometallico formato da rutenio e da un legante chirale organico chiamato S-BINAP. La reazione stessa è davvero notevole perché procede con un eccellente eccesso enantiomerico (97%) e con rese davvero alte (92%).

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Geber

2021-04-10 12:00

Finora abbiamo principalmente considerato delle molecole chirali che contenevano solo un centro di chiralità.

Molte molecole organiche, specialmente quelle importanti in biologia, contengono più di un centro di chiralità. Il colesterolo, per esempio, contiene otto centri di chiralità. (Sapete localizzarli?) Si può, comunque, iniziare con molecole più semplici. Consideriamo quindi il 2,3-dibromopentano, mostrato qui in una formula bidimensionale con solo i legami.

Il 2,3-dibromopentano ha due centri di chiralità:

Un'utile regola ci dà il numero massimo di stereoisomeri:

* In composti il cui stereoisomerismo è causato da centri chirali, il numero totale di stereoisomeri non supererà 2n, dove n è uguale al numero di centri di chiralità.

Per il 2,3-dibromopentano non dovremmo aspettarci più di 4 stereoisomeri (22 = 4).

Dato che le strutture 1 e 2 non sono sovrapponibili, essi rappresentano composti differenti. Dato che le strutture 1 e 2 differiscono solo nella disposizione dei loro atomi nello spazio, essi rappresentano stereoisomeri. Le strutture 1 e 2 sono anche immagini speculari l'uno dell'altro; quindi 12 rappresentano una coppia di enantiomeri. Le strutture 3 e 4 corrispondono all'altra coppia di enantiomeri. Le strutture 1–4 sono tutte differenti, così ci sono, in totale, quattro stereoisomeri del 2,3-dibromopentano.

A questo punto ci si dovrebbe convincere che non ci sono altri stereoisomeri da scrivere e quindi non ci sono altre formule strutturali. Scoprirete che la rotazione attorno a singoli legami, o della intera struttura, o di qualsiasi altro arrangiamento di atomi farà in modo che la struttura diventi sovrapponibile con uno delle strutture scritte sopra. Anzi, usando differenti palle colorate, è possibile comprendere meglio questo concetto.

I composti rappresentati dalle strutture 1–4 sono tutti composti otticamente attivi. Ognuno di essi, se posto separatamente in un polarimetro, mostrerebbe attività ottica.

I composti rappresentati dalle strutture 1 e 2 sono enantiomeri. I composti rappresentati dalle strutture 3 e 4 sono anch'essi enantiomeri. Ma quale è la relazione isomerica tra i composti rappresentati da 1 e 3?

È possibile rispondere a questa domanda osservando che 1 e 3 sono stereoisomeri e che essi non sono immagini speculari l'una dell'altra. Essi sono, quindi, diastereoisomeri.

* I diastereoisomeri hanno differenti proprietà fisiche—differenti punti di fusione e punti di ebollizione, differenti solubilità, e così via.

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