Dott.MorenoZolghetti
2014-07-01 02:41
Come spesso accade per le grandi invenzioni, destinate a cambiare il corso della storia dell’uomo, anche per il microscopio fu più il caso che la necessità a determinarle la costruzione e l’uso.
A dirla tutta, neppure si sa con esattezza chi sia il suo inventore, tuttavia si ritiene congruo conferirne la paternità a un certo Antonio van Leeuwenhoeck (o Leeuwenhoek) nato a Delft, in Olanda, il 24 ottobre 1632. La sua famiglia era decisamente borghese, dove il posto per la fugacità delle scienze non era contemplato. Diciamo pure che il padre di Antonio era un “rompicoglioni” come pochi e insisteva, affinché il suo figliolo (ancora in fasce) studiasse legge, per avere poi un lavoro serio. Il periodo storico era fiorente d’illuminato pensiero, frutto dei lavori di Descartes e del “Novum Organon” di Bacone: il concetto (da noi divenuto celebre con Galileo Galilei) di “metodo sperimentale” era già stato calato nella realtà scientifica fin dal 1616, quando un trentottenne cocciuto, davanti al Collegio Reale dei Medici di Londra, esponeva la sua scoperta sulla circolazione del sangue. Era Guglielmo Harvey, che nel 1628 pubblicherà a Francoforte la sua opera fondamentale: “Exercitazio anatomica de motu cordis et sanguinis in animali bus”, una vera eresia, contraria agli insegnamenti di Aristotele e soprattutto di Galeno. La scuola di medicina di Parigi era avversa a Harvey e decisa a ridurlo al silenzio. Bastava quello che Galeno aveva trasmesso: il sangue origina nel fegato e diffonde nei tessuti, passando nel ventricolo sinistro del cuore e caricandosi in quella sede di spiriti vitali, per tornare, con un moto continuo di flusso e riflusso, da dove era partito. Nulla di più semplice… nulla di più sbagliato.
La teoria di Harvey sollevò un’implacabile burrasca ed egli divenne, suo malgrado, oggetto di scherno, come nella famosa “sentenza burlesca” di Nicola Boileau, dove si intima al sangue di cessare di fare il “vagabondo” e di circolare nel corpo senza una meta, sotto la pena di essere interamente consegnato alla Facoltà di medicina!
Posso dire con un ragionevole margine di certezza che, per le sue idee tanto rivoluzionarie, forse anche ad Harvey sarebbe toccato il destino del medico Michele Servet. Invece, per sua fortuna, van Leeuwenhoeck aveva una famiglia di rompiscatole. Morto il padre prematuramente, la madre Margherita Bel van den Bergh lo mandò a lavorare ad Amsterdam, da un commerciante di stoffe. Niente carriera da scienziato per il sedicenne Antonino, ma lana, tanta, tantissima lana. Al nostro giovane amico fu data tra le mani una lente d’ingrandimento e lo si mise a contare i fili di lana delle stoffe. Un lavoro molto poco stimolante e qui emerge la genialità di una grande mente, rispetto al vuoto cosmico che occupa il cranio dei suoi simili. Van Leeuwenhoeck guarda attraverso la lente e non vede, come accade a tutti gli altri che come lui osservano la lana, soltanto dei fili. No, vede oltre i fili, vede qualcosa che gli altri, pur guardando, mai avevano notato. Dettagli altrimenti invisibili. Fu breve il passo che lo portò a mettere sotto la lente non già la stoffa, ma capelli, polvere, frammenti vegetali, semi e tutto ciò che gli veniva a tiro. Poi si documentò e apprese che alcuni commercianti usavano non lenti semplici, ma combinazioni di lenti e che nei paraggi viveva un ottico che produceva quelle preziose lenti combinate, utilizzate soltanto da abili conoscitori della lana. Antonio non esitò a recarsi dall’ottico e spese i suoi primi guadagni per un meschino tubo di ottone, con una lente a ciascuna estremità, posto in una custodia rigida in cui poteva slittare. Praticamente lo si utilizzava come un cannocchiale, ponendo l’occhio sulla lente superiore e puntando l’oggetto da osservare, trattenuto da cera o puntato su di uno spillone, illuminandolo con la luce del sole. Per i liquidi, si usava impastarli con poco talco su di un vetrino e poi comprimerli con un altro vetrino. Il primo microscopio di van Leeuwenhoeck è oggi conservato nella collezione Nachet, insieme alle prime lenti combinate utilizzate prima del microscopio a cannocchiale.
Trascorsi sei anni, Antonio si sposa con Barbara de Mey e nuove incombenze lo assorbono. Decide di tornare a Delft e inizia a studiare legge e ottiene (grazie all’influenza delle sua famiglia, oggi diremo “raccomandazioni”) la carica di ufficiale giudiziario presso la Camera degli Scabini. La stabilità economica lo rende finalmente libero di dedicarsi alla scienza.
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